«Il problema è organizzare il lavoro»

La polemica: «L’ospedale non deve diventare la casa di noi medici»

La polemica: «L’ospedale non deve diventare la casa di noi medici»
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Da un lato chi dice che, piaccia o meno, una legge va sempre rispettata; dall’altro chi sostiene che, rispettando questa legge, il sistema sanitario crollerebbe. Tra i secondi c’è anche il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Unità di Nefrologia dell’ospedale di Bergamo e tra i più ferventi oppositori dell’applicazione della legge 161/2014 (direttiva europea 93/104), la quale prevede dei limiti orari di lavoro per i medici che, se applicati, «rischiano di far crollare il sistema». Tra le fila di chi invece chiede che all’ospedale di Bergamo questa norma venga rispettata c’è Annapaola Callegaro, virologa nel reparto di Microbiologia e virologia del Papa Giovanni e segretario aziendale Anaao Assomed, il sindacato dei medici che a Bergamo conta 156 iscritti su circa seicento professionisti.

Dottoressa Callegaro, l’impressione è che senza assunzioni non ci sia alternativa agli straordinari non pagati dei medici.
«Non sono d’accordo. Quello che conta, in realtà, è l’organizzazione».

 

 

In che senso?
«In certi reparti c’è, effettivamente, una carenza di personale, ma il problema di fondo è la disorganizzazione. Noi garantiamo un servizio permanente che si basa sui turni. Quando qualcuno va a casa a risposare, in ospedale c’è qualcun altro al suo posto. Ed è sempre così, anche se un medico non lavora mille ore. Il problema è che l’ospedale di Bergamo ha costruito negli anni una programmazione di attività decisamente superiore alle proprie risorse. In termini di prestazioni erogate e di territorio coperto, il nostro ospedale è simile al Niguarda, che però ha più medici».

Cosa intende per attività?
«Prestazioni mediche, ambulatoriali, chirurgiche. Tutto».

E la soluzione sarebbe ridurre queste prestazioni?
«È ovviamente impensabile, perché la gente richiede questi servizi. La prima cosa da fare, andando al di là di quella che è la carenza di personale in alcuni reparti, è quindi riorganizzare le attività».

Ma il personale manca o no?
«In alcuni reparti sì, in altri no. Bisogna semplicemente sfruttare al meglio le risorse. Basta vedere i dati: è possibile che in una struttura ci siano persone che non hanno nemmeno un’ora in più di straordinario e altre che invece ne fanno centinaia e centinaia?».

 

 

Se anche tutti rispettassero la legge, però, non ci sarebbe un riequilibrio. Semplicemente si ridurrebbero enormemente le ore dedicate ai pazienti.
«C ’è il “cuscinetto” delle 250 ore annuali di straordinario consentito e se tutti lo rispettassero non ci sarebbero problemi. Il fatto è che se apriamo dieci ambulatori dove ci sono nove medici, è ovvio che l’equilibrio non si raggiungerà mai»

La colpa allora di chi è?
«La responsabilità maggiore ce l’hanno i direttori di struttura complessa (i vecchi primari, ndr) che hanno il compito di organizzare il lavoro dei medici nei reparti».

Lei fa molte ore in più?
«Io non faccio turni di notte, ho solo la reperibilità. Però entro la mattina...»

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 9 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 21 giugno. In versione digitale, qui.

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