La pubblicità tra le vie di Treviglio che fa tanto discutere Facebook

Un'immagine chiara e un testo altrettanto chiaro. Messaggio arrivato, pubblicità riuscita. Tant'è che, nel giro di poco, sono in tanti a parlarne. Il Consorzio ENFAPI di Treviglio, a suo modo, ha fatto centro. Da qualche giorno, infatti, su Facebook circola l'immagine della locandina pubblicitaria del Centro di Formazione Professionale della città della Bassa, anche se i commenti non sono proprio dei più lusinghieri. A postarla, infatti, è stata la pagina Facebook ironica (anzi, meglio dire sarcastica) Le voci degli ignoranti: «Pubblicità regresso. Per un itaglia migliore» è il commento di accompagnamento all'immagine.
Il (chiaro) messaggio. Da una parte c'è Luca, dall'altra Andrea. Entrambi hanno 30 anni, ma dopo le medie i due hanno deciso di seguire percorsi di vita differenti: il primo s'è prima diplomato e poi laureato, ma a 6 anni dal raggiungimento del titolo di studio (dicono quelli di ENFAPI) ha un lavoro precario, un reddito basso e vive ancora con mamma e papà; il secondo, invece, ha preferito studiare soltanto tre anni e ottenere una qualifica professionale che oggi gli permette (sempre secondo quelli di ENFAPI) di avere un posto fisso, essere caporeparto, portarsi a casa un buon stipendio e vivere con la sua donna. Il messaggio è chiaro: se scegli l'Università finirai ad accrescere la massa indistinta che compone quella generazione senza futuro di cui, ciclicamente, parlano giornali e talk show; se invece scegli i corsi di formazione ENFAPI, a 30 anni sarai già bello che realizzato. Dunque (chiaro), scegli ENFAPI!
Una pubblicità riuscita e il bom su Facebook. Bene o male, l'importante è che se ne parli, si dice solitamente in questi casi parafrasando Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray. Ed effettivamente la locandina, sui social, ha alzato un bel polverone: oltre 200 condivisioni e più di 440 "reazioni" (tra mi piace e faccine varie), ma anche e soprattutto più di sessanta commenti, equamente divisi tra chi ritiene questa pubblicità un vero e proprio insulto e chi, invece, la ritiene un po' forte, ma sostanzialmente vera. C'è chi parla di «cruda realtà», chi del fatto che «le cose sarebbero diverse se fossimo all'estero», chi si affida all'ironia («Dimenticano di dire che Andrea, però, non fa fattura»), chi parla di «pubblicità vergognosa» e chi invece, semplicemente, apre grandi discussioni sulla incapacità del sistema universitario italiano di preparare soggetti in grado di affrontare sin da subito il mondo di lavoro. Insomma, un mondo riassunto in una manciata di commenti postati dalle persone più svariate, sia per età che per classe sociale (supponiamo) e che possono essere letti semplicemente schiacciando sul post Facebook qui sopra riportato.
Un nervo sociale scoperto. La verità è che questa locandina appesa un po' di qua e un po' di là per le strade di Treviglio e dintorni va a toccare un nervo scoperto della nostra società: il futuro. Nel giro di 20 anni è cambiato tutto, in particolare nel rapporto tra istruzione e lavoro. Una volta, laurearsi significava veramente avvantaggiarsi su qualcun altro, poter ambire a posizioni lavorative migliori e meglio retribuite. Oggi non per forza è così. Grazie al cielo molti più giovani hanno la possibilità di accedere a un'istruzione buona, per non dire eccellente, ma allo stesso tempo il mondo del lavoro non è cresciuto di pari passo. C'è più gente che aspira a determinati posti di lavoro, ma questi sono un numero finito, per di più nettamente inferiore a chi li vorrebbe. Risultato: ottenere la laurea oggi non significa per forza trovare un lavoro soddisfacente. Parallelamente, però, significa anche che meno persone sono disposte a mettersi in gioco con lavori più "umili". E anche comprensibilmente: come si può biasimare un ragazzo o una ragazza che hanno messo in gioco anni (e soldi) per conseguire una laurea e ora si rifiutano di lavorare come commessi al McDonald's o come operai in un'azienda? Se hanno la fortuna di poter attendere, è bene che lo facciano cercando un lavoro adatto a loro. Questa evoluzione, però, s'è però portata dietro una visione del mondo quantomeno discutibile, secondo la quale non avere una laurea o un titolo di studio significativo sia una sorta di sconfitto per l'individuo e la sua famiglia. In tal senso realtà come ENFAPI fanno un lavoro importante: ricordare che ci si può realizzare nella vita e nel lavoro anche senza essere dottori, ingegneri, avvocati, professori.
Il problema di fondo della locandina pubblicitaria in questione, però, è un altro: quello di presentare il 30enne laureato come uno sfigato, incapace di prendere le redini della propria vita e farne qualcosa. O è bianco o è nero. Anzi, o è blu o è verde. E invece, fortunatamente, la vita è un po' più complessa di così. Ci sono le scelte di ognuno di noi, strade che si incontrano e strade che si dividono, accadimenti che vanno ben oltre la nostra volontà. ENFAPI sembra dimenticarsi di tutto questo, non offre un'alternativa ma sembra voler dare una soluzione. Buona idea pubblicitaria forse, ma una fastidiosa semplificazione della realtà per chi quei problemi li affronta quotidianamente. E Facebook, nonostante la sua "pochezza" sottolineata, tra gli altri, anche dal compianto Umberto Eco, ce lo ha ricordato.