La questione Crespi, dall'inizio
La questione Crespi tra la business company Percassi e il Comune del villaggio Patrimonio Unesco è a una svolta? L’accordo, congelatosi a dicembre e poi recuperato a marzo, è vicino? Cerchiamo di capirci qualcosa in più, ricostruendo dall’inizio, con ordine, tutta la vicenda.
2013, ottobre. L’acquisizione e il quartier generale
La business company Percassi, attraverso la holding Odissea Srl, acquisisce il sito industriale di Crespi d’Adda, frazione di Capriate San Gervasio, dal 1995 Patrimonio Unesco. Il complesso immobiliare rilevato occupa una superficie di circa 90mila metri quadri, su un'area complessiva di circa 135mila (di cui 36mila di parte boschiva). La storia della struttura, che ha ospitato per 125 anni attività produttive (fino al 2003), inizia nel 1878, come opificio della famiglia Crespi, e poi diviene sede di attività manifatturiere in ambito tessile, con il passaggio dell'attività alla Sti e alla famiglia Legler.
L’intento di Percassi è quello di istituire il suo quartier generale all’interno dello storico edificio, opportunamente sottoposto a restyling. Scrive in quei giorni il Sole24Ore: «Qui verranno trasferiti gli uffici che oggi si trovano già nell'area di Bergamo: Antonio Percassi, grazie a questa operazione, riunirà nella suggestiva location le sedi delle diverse attività, ora a Bergamo e Milano. I restauri dovrebbero partire a gennaio 2014, in modo tale da rendere operativi gli uffici e gli spazi espositivi prima di Expo 2015».
Si parla, comunque, di una destinazione polifunzionale dell’immobile, pensato anche per ospitare un polo culturale e la sede dell’allora neonata The Antonio Percassi Family Foundation. In quell’occasione, l’imprenditore dichiara: «Sono entusiasta di aver portato a termine questa operazione. Il villaggio di Crespi d'Adda è uno splendido esempio di cultura illuminata del lavoro. È un onore per me poter trasferire qui la sede del gruppo, cercando al contempo di rilanciare questo sito, che merita un nuovo sviluppo, anche attraverso la promozione di attività culturali».
Tutti i giornali parlano di «rinascita» del villaggio Patrimonio Unesco.
2015, gennaio. Il protocollo d’intesa
Percassi e il Comune di Capriate San Gervasio siglano un protocollo d’intesa per il rilancio di Crespi. Un progetto incentrato principalmente sulla vecchia fabbrica tessile, destinata – appunto – ad accogliere ogni giorno circa 500 persone degli uffici Percassi. Nel documento si parla di spazi produttivi, direzionali, commerciali e culturali, con il privato che ha già investito una cifra vicina ai 6 milioni di euro nel progetto.
2015, aprile. Tutto è fermo
È l’anno del ventennale di Crespi come Patrimonio Unesco, e anche quello di Expo Milano. La Regione ha inserito i dieci siti Unesco lombardi nelle iniziative dell’esposizione universale, affidando a ognuno un testimonial vip: per Crespi è il direttore d’Orchestra Bruno Santori, originario della vicina Trezzo sull’Adda.
Dalla The Antonio Percassi Family Foundation, tramite il presidente Giorgio Ghilardi, fanno sapere che «siamo in attesa dei permessi, ma contiamo di inaugurare il cantiere a breve e di terminare i lavori nel giro di un paio di anni». Dunque, la data slitta al 2017. Intanto, la struttura viene messa in sicurezza, a partire da una delle due ciminiere, che sta crollando.
Il sindaco di Crespi, Valeria Radaelli, esprime comunque al Corriere Bergamo la sua fiducia nelle prospettive culturali e di valorizzazione urbanistica che si prospettano all’orizzonte. Per quanto riguarda il progetto Percassi, Radaelli specifica che «nel protocollo d’intesa abbiamo chiesto una superficie minima di 3mila metri quadri da destinare ad area museale. Con questa rigenerazione urbana Crespi tornerà ad essere un luogo di lavoro, dopo la chiusura dello stabilimento Legler, nel 2003. Con le chiusure delle Poste e del supermercato i residenti si sono sentiti isolati». Parla anche della convenzione per la centrale idroelettrica di Adda Energi, delle iniziative per il ventennale Unesco, di tutti i progetti di rilancio comunali.
Il Corriere titola: Il villaggio di Crespi a vuoto nell’anno dell’Expo.
2015, settembre. La visita di Franceschini
Il ministro Franceschini viene in visita a Crespi. Non si scorda di citare «un imprenditore che ha fatto una scelta lungimirante e importante per il paese, si potrà valorizzare questo territorio come ha richiesto l’Unesco: non un luogo museo di se stesso, ma dove vivano l’impresa, il lavoro, la ricerca, l’innovazione. Io spero che siano imprese rivolte verso il futuro, come nella vocazione originaria di questo luogo».
Antonio Percassi risponde: «Siamo onorati della visita del ministro e gli diciamo che qui faremo una cosa strepitosa: quello che noi promettiamo poi lo facciamo. L’idea è di riqualificare il villaggio e rendere nuovamente attiva la fabbrica. Crespi verrà ristrutturato in maniera encomiabile: questo è il contenitore. I contenuti saranno poi di grande livello, innovativi, per creare posti di lavoro soprattutto per i giovani».
2015, dicembre. La brusca frenata
Percassi interrompe, con una lettera che non lascia spazio a fraintendimenti, le negoziazioni con il Comune, evidenziando «distanze incolmabili», richieste «antieconomiche e non finanziabili» e annunciando il ricorso alle vie legali. La business company parla di costi lievitati iperbolicamente, che comprometterebbero la fattibilità dell’operazione. Si parla di oltre 20 milioni di euro (il 30 percento in più rispetto a quanto previsto dal protocollo d’intesa). E la problematica richiesta del comune di realizzare tutte le opere di urbanizzazione (ovvero la rotonda sulla provinciale, la riqulificazione di via Crespi e il parcheggio negli ex orti) entro marzo 2018, «a prescindere dalla effettiva realizzazione dei lotti di intervento, con una conseguente abnorme incidenza dei costi pubblici sul primo lotto, tale da renderlo antieconomico».
Il sindaco difende la sua posizione e sulle pagine de L’Eco dichiara: «Il Comune ritiene di aver fatto il proprio dovere per la tutela del territorio. Resto convinta della bontà dell’operazione, ma questa non deve essere fatta a ogni costo. Ciò detto, per me la porta rimane aperta».
I giornali utilizzano l’espressione «doccia fredda».
2016, gennaio-marzo. Si riaprono le trattative
I primi di gennaio, il sindaco Radaelli fa chiarezza sulla propria posizione: «Sono accusata di voler fare “cassa” perché il Comune non ha soldi: innanzitutto nel 2013 l’Amministrazione Comunale ha dichiarato alla nuova società proprietaria di rinunciare agli standards qualitativi, UNICA VOCE ECONOMICA AD APPANNAGGIO DELLA SCELTA POLITICA, perché la riapertura della Fabbrica era ritenuta di per sé un valore meritevole di riconoscimento. Ho proposto già due anni fa di ricorrere alla Corte dei Conti per verificare il costo degli oneri dovuti, evitando contenziosi tra le parti e ricorrendo ad un giudice imparziale: proposta che , però, non è stata accolta dall’operatore privato! Crespi d’Adda non è un quadro da restaurare, ma una realtà urbanistica che pulsa e vive tutti i giorni e necessita di infrastrutture e servizi adeguati» (qui per l'intervento completo).
Due mesi dopo, Percassi e il Comune si risiedono al tavolo delle trattative, affiancati dalle istituzioni, con la Provincia e la Regione che si propongono quali mediatrici. Alla discussione prendono così parte anche il presidente della Provincia Matteo Rossi e l’assessore regionale all’ambiente Claudia Terzi.
In gioco c’è anche la questione del parcheggio nella zona degli ex-orti. Alla trasformazione di 30mila metri quadrati di aria verde a ridosso della fabbrica in un parking da 450 posti si oppone il Comitato No Parking degli abitanti di Crespi. La cittadinanza si divide: il 16 marzo, con una lettera indirizzata al Comune, parte della popolazione chiede l’avviamento dei lavori al più presto, temendo un «un possibile abbandono del progetto» e definendo l’intervento di Percassi come «un’occasione più unica che rara per la nostra città». Il Comitato No Parking ribatte specificando la sua posizione: «Sì al rilancio della fabbrica, no al parcheggio, con invasione di migliaia di auto».
2016, aprile, oggi. Verso l'accordo?
La mediazione continua. Sulle pagine del Corriere Bergamo, il numero uno di via Tasso, Matteo Rossi, con orgoglio parla di «un accordo di massima quasi raggiunto» e confida di «poter arrivare a concludere il lavoro nel giro di una settimana». Ma il sindaco del Comune si mantiene cauto: «Sono rimasta ai principi annunciati nei mesi scorsi». Qual è il punto della discussione e a che punto è?
La Provincia avrebbe presentato un testo su cui ora si esprimeranno Percassi e l'amministrazione comunale. Di fatto, il protocollo d’intesa rimane valido, ma si cerca, da parte della business company, un accordo definito e definitivo, per eliminare tutti gli elementi poco chiari che hanno portato all’interruzione della trattativa, con relativa specifica delle tipologie di intervento e dunque delle modalità di calcolo degli oneri da versare al Comune.
La problematica è materia tecnico-legale, con conseguenze che riguardano naturalmente costi e tempistiche: si tratta di definire, tra le due parti, i gradi di intesa sulla tipologia d’intervento. Ovvero distinguere dove deve essere applicata ristrutturazione e dove risanamento conservativo di un complesso vincolato. Va ricordato che il villaggio di Crespi dal 2014, ovvero un anno dopo l’acquisizione di Percassi, è stato infatti sottoposto a vincolo monumentale da parte della sovrintendenza e che, al momento dell'acquisto, era ancora attivo il piano particolareggiato del villaggio, che comprendeva anche la fabbrica, e dove la ristrutturazione non era neanche ammessa.
Ristrutturazione e risanamento sembrano due concetti simili, e invece no. Perché la prima consentirebbe al Comune di incassare 20 milioni in oneri d’urbanizzazione, il secondo garantirebbe a Percassi un abbattimento dei costi del 60 percento. La nuova proposta non prevede la valutazione sull’intero complesso, ma la definizione, di volta in volta e per ogni singolo lotto, della tipologia di intervento e la presentazione di progetti preliminari per ogni edificio, da sottoporre all’approvazione della segreteria tecnica dell’accordo di programma. Il che alleggerirebbe anche le responsabilità del tecnico del Comune, coinvolgendo Provincia e Regione.
Scrive il Corriere che si va «verso l’accordo».