Saltata la cerimonia

La rivolta dei pizzaioli napoletani per non premiare uno di Caserta

La rivolta dei pizzaioli napoletani per non premiare uno di Caserta
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Daniel Young è un critico gastronomico statunitense che qualche tempo fa ha pubblicato Where to eat pizza (Dove mangiare la pizza), la guida alle migliori pizzerie del mondo. Per crearla ha interpellato 121 esperti del territorio e 956 amanti della pizza provenienti da 48 differenti nazioni, che insieme hanno raccolto i 1705 luoghi poi segnati nel libro. Intelligentemente, Daniel ha deciso di non creare una classifica di bontà delle pizze, preferendo invece dividerle su base geografica.

Le migliori 20 pizze al mondo. Ora, forse per farsi pubblicità, anche dalla polemica certa che ne sarebbe venuta, ha invece stilato - e pubblicato il 9 maggio - la classifica delle 20 migliori pizzerie del mondo. Come ha fatto a scegliere? Ha interpellato i suoi 1077 contributors e ha semplicemente trascritto le pizze che ottenevano più nomination. Il risultato? Sette delle prime dieci posizioni sono occupate da pizzerie italiane, podio compreso (Pepe in Grani di Caiazzo prende la medaglia d'oro e a seguire Pizzarium di Roma e 50 Kalò di Napoli). Tra queste, quattro sono di Napoli, una di Caserta, una di Roma e una di Verona. Ovviamente, la cosa ha provocato un'insurrezione generale. Dei critici gastronomici, in primis, sia perché di fatto si è scelto di premiare di nuovo una pizza intesa alla maniera "classica" (mentre recentemente si è assistito, in materia, a interessanti nuove sperimentazioni gourmet), sia perché, come scrive su Dissapore Adriano Aiello, gli esperti ragionevolmente considerano «ambizione di rara demenza» quella di stilare una classifica mondiale della pizza.

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Il giallo in terra napoletana. Gli altri a non essere d'accordo sono i pizzaioli. Tutti quelli che han perso, in tutto il mondo, ovviamente. Ma in particolar modo quelli di Napoli. E qui si apre addirittura un piccolo giallo. Innanzitutto, il primo classificato (con un certo distacco) è Franco Pepe con il suo locale Pepe in Grani di Caiazzo, in provincia di Caserta. La premiazione, con la presentazione del libro, sarebbe dovuta avvenire il 10 maggio in pompa magna alla Reggia di Caserta, nella terra del vincitore. Ma la cosa, scrive Luciano Pignataro del Mattino sul suo blog, si è fatta spinosa: «In Italia al momento il libro non sarà presentato perché i pizzaioli di Napoli città si sono rifiutati di incoronare Franco Pepe con il quale i rapporti ormai sono al lumicino. La questione è stata anche oggetto di una discussione tra Daniel Young e il referente della Campania Maurizio Cortese, testimone Luciano Furia che si diceva d’accordo con Cortese, sulla opportunità o meno di organizzare questa kermesse che diceva al mondo chi era il primo, perché non erano questi gli accordi inziali della collaborazione. E proprio questo argomento, sbagliato e giusto che sia, ha determinato la non percorribilità della scelta».

 

 

E pensare che, svela Identità golose, Franco Pepe aveva pure cercato di evitarlo. Daniel Young gli aveva infatti proposto la cerimonia di incoronazione direttamente nel suo locale a Caiazzo, ma lo chef aveva più prudentemente consigliato la neutra e ufficiale location: «Avevo il timore e il sentore di qualche malumore, per questo avevo ritenuto opportuno scegliere la Reggia». A Caiazzo, nel suo locale, aveva previsto solo una degustazione post-premiazione. Con eleganza, poi, accenna al cuore del problema: «E c’è un paradosso: Padoan aveva già confermato la sua presenza, Bosco pure, avrebbero fatto volentieri quasi 700 chilometri pur di venire. Idem Gabriele Bonci da Roma. E invece le resistenze sono giunte da chi sta a 30 chilometri…». Già, ce l'ha coi suoi. E sulla tagliente osservazione di Pignataro, allora che dice? «Fesserie. So che molti colleghi di Napoli, anche tra i top 20, mi hanno votato». Sì, ma allora perché questa premiazione non s'ha da fare?

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