Lavoro ed educazione con lo stesso impegno

La scelta pro-figli della Germania (Merkel batte Renzi dieci a zero)

La scelta pro-figli della Germania (Merkel batte Renzi dieci a zero)
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Manuela Schwesig è una politica che ci sa fare. È una dei sei ministri socialdemocratici nel governo di Grosse Koalition Spd-Cdu presieduto da Angela Merkel. È titolare del dicastero della famiglia. Classe 1974, quando è stata nominata, è stato il più giovane ministro donna nella storia del Paese. Ha un marito e una figlia, si è convertita alla fede luterana ed ha studiato economia e finanza, diplomandosi nel 1995. Manuela Schwesig è molto sensibile a che le donne recuperino spazio nei posti che contano sia a livello pubblico che privato. C’è stata una sua iniziativa dietro l’accordo sulle società quotate in borsa, che devono garantire una presenza femminile nei loro consigli di sorveglianza del 30 per cento. «Un segnale importante per aumentare le possibilità per l’avanzamento nella carriera professionale delle donne», aveva commentato.

 

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Ora Manuela Schwesig si è resa protagonista di un’altra iniziativa estremamente innovativa: il governo tedesco potrebbe presto versare 300 euro alle giovani famiglie in cui entrambi i genitori decidano di diminuire le loro ore lavorative da 36 a 32 ore per dedicarsi ai figli. L’idea è semplice e viene incontro al bisogno di ricucire i percorsi educativi e le relazioni tra genitori e figli che spesso sono messi a rischio proprio dagli impegni lavorativi di ambedue i coniugio. «Vogliamo consentire ai genitori di condividere al massimo il lavoro e l'educazione dei figli con lo stesso impegno», ha spiegato il ministro.

La Germania ha una situazione diversa dall’Italia, in quanto l’occupazione femminile ha superato il 68 percento mentre in Italia è ferma venti punti sotto, al 47 percento. La proposta del ministro della Famiglia tedesco è semplice e non riguarda solo le donne. Il meccanismo infatti prevede che entrambi i coniugi riducano l’orario di lavoro per evitare che succeda quel che ora accade: che cioè siano solo le mamme a retrocedere, scegliendo contratti part time con riduzioni del lavoro del 40 percento. Negli anni delle crisi i part time sono aumentati del 40 percento e in tre casi su quattro ha riguardato lavoratrici. In sostanza lo Stato coprirebbe la diminuzione dello stipendio con un bonus di 300 euro, per due anni e comunque sino al compimento dell’età di otto anni del figlio minore. Il bonus andrebbe a tutte le famiglie, indipendentemente dal reddito. Il tutto costerebbe allo Stato un miliardo di euro secondo i calcoli fatti da Manuela Schwesig.

 

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La scelta tedesca si inserisce in una politica per la famiglia che purtroppo l’Italia ha da tempo messo in fondo all’agenda: il nostro Paese ha l’1 percento della spesa pubblica dedicata alla famiglia, contro il 20 percento destinato alla popolazione anziana, tra pensioni e assistenza sanitaria. In Germania lo Stato offre già il Kindergeld, il «denaro del bambino»: un assegno dell’ammontare di 190 euro al mese per il primo ed il secondo figlio, che diventano 196 per il terzo e 221 dal quarto in poi... Poi c’è l’«Elterngeld», l’assegno di maternità per tutte le lavoratrici, calcolato sul reddito dell’anno precedente. A tutto questo si aggiungono gli sgravi fiscali per il papà che lavora e sussidi alle donne che tornano presto al lavoro. Quanto al costo degli asili è per metà a carico del Comune o dello Stato. In Italia siamo molto lontani: pochi nidi e molto cari, sgravi sul coniuge a carico che rendono poco conveniente il secondo stipendio, spesa per baby sitter senza agevolazioni fiscali interessanti che favoriscono così il dilagare del nero.

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