La storia d'amore tra soldi e politica Un racconto di inizio Cinquecento

Nel bell’articolo di Atlas Obscura, la giornalista Sarah Laskow fa un passo indietro nel tempo che ci aiuta a capire come ha funzionato (e come ancora tutt’oggi) funziona il mondo. Ne riportiamo la traduzione: qui l’articolo originale.
La storia della famiglia Fugger suona come una bella, vecchia storia americana di raggiungimento della vetta: il patriarca della famiglia, un mercante di basso livello, inizia ad avere un po’ di successo dopo essersi trasferito in una grande città; i suoi eredi prima espandono il business, poi lo diversificano; un paio di generazioni dopo, la famiglia è nell’élite sociale che ha disposizione potere e salute. L’apice del successo lo raggiungono ancor prima che l’America fosse un Paese – nella prima metà del Cinquecento, non troppo dopo che Colombo arrivò ad Hispaniola [isola della Antille nel mar dei Caraibi, divisa in Haiti e Repubblica Domenicana, ndr].
Nella prima metà del Cinquecento, dunque, la famiglia Fugger era parte di una delle moderne élite bancarie. Erano i Medici dell’Europa centrale, e, in quanto membri della classe con i soldoni veri, iniziarono ad interessarsi e a controllare i leader politici. Come le élite finanziarie di oggi, videro nelle attività politiche la possibilità di fare business. Ma nel primo Cinquecento, le connessioni tra denaro per finanziare le campagne elettorali, potere politico e accordi economici erano più nette. In quest’era pre-democratica, i soldi della politica non si utilizzavano per fare dibattiti intellettuali o riempire i media di campagne politiche (i giornali non esistevano nemmeno), ma per convincere piccoli gruppi di elettori o individui singoli che quel particolare investimento era quello giusto per portare a termine il lavoro.
Poche persone avevano il tipo di risorse necessarie per influenzare le elezioni. Oggi sono solo 400 le famiglie che per la maggior parte stanno finanziando le elezioni presidenziali 2016, ma nel 1519, quando la corona del Sacro Romano Impero era in palio, solo una manciata di famiglie poteva partecipare alla corsa al denaro. I Fugger erano una di quelle, e la loro disponibilità a spendere l’equivalente del XVI secolo di decine di milioni di dollari sminuì la competizione, tanto che la famiglia era essenzialmente nella condizione di poter decidere chi avrebbe vinto la gara.
[Jakob Fugger, conosciuto anche come Jacob Il Ricco, e Sibylle Artzt. 1500 circa]
I soldi dei Fugger erano già legati molto da vicino all’élite politica. A partire dal 1480, Jakob Fugger II – a volte chiamato Jacob il Ricco – iniziò a portare avanti una relazione finanziaria con la famiglia degli Asburgo, offrendo prestiti ad interessi relativamente alti. Questi prestiti erano generalmente garantiti con beni materiali, compresi i terreni agricoli e, spesso, le miniere, e fu in particolare un arciduca degli Asburgo che aiutò molto la fortuna dei Fugger, data la sua volontà di mantenere uno stile di vita sontuoso.
Dalla loro base di Asburgo, in Germania, i Fugger presero gradualmente il controllo delle miniere estremamente proficue, incluse le miniere di argento nelle regioni alpine del Tirolo e, in Spagna, le miniere di Almadén, piene di cinabro [minerale rosso chiaro costituito di solfuro di mercurio, ndr], da cui veniva estratto mercurio di estremo valore, e le miniere di Guadalcanal, anch’esse piene di argento.
Le famiglie nobili dell’Europa, comunque, non usavano i loro soldi solamente per organizzare feste. A quel punto della storia europea, ottenere il potere richiedeva il fare soldi, proprio come oggi. A volte, le famiglie nobili avevano bisogno di prestiti per finanziare una dote [che era l’insieme dei beni che la famiglia della sposa doveva portare al marito per sostenere gli oneri matrimoniali, ndr], così da potersi legare in matrimoni politicamente vantaggiosi. A volte avevano bisogno di soldi per delle campagne che gli avrebbero permesso di ottenere posizioni vantaggiose. E la somma investita per finanziare queste campagne politiche poteva essere parecchio sostanziosa, in decine o addirittura centinaia di migliaia di fiorini.
[Lo stemma dei Fugger]
Era una posizione potente, quella di far parte del corpo degli elettori. A partire dal Duecento era già routine il fatto che s’investisse molto nel mondo elettorale al fine di potere scegliere il leader europeo che sarebbe venuto. Come Greg Steinmetz racconta nella sua nuova biografia di Jacob Fugger, The Richest Man Who Ever Lived (Il più ricco uomo che abbia mai vissuto), i Fugger avevano finanziato un po’ di campagne qua e là – 5.600 fiorini per la campagna papale di Giulio II e 34mila fiorini perché l’Arcivescovo di Hohenzollern diventasse Arcivescovo di Mainz. Quest’ultima posizione era particolarmente potente, in pratica la seconda in Germania – nonché una delle sette che poteva scegliere chi sarebbe stato il Sacro Romano Imperatore.
Non molti anni prima, l’ufficio del Sacro Romano Impero non era in condizioni favorevoli (anche se il nome suonava gran bene). Nei 700 anni da quando Carlo Magno aveva creato il lavoro, i suoi privilegi erano diminuiti, mentre i fardelli erano rimasti. Ma nel Quattrocento, Massimiliano I usò la sua massima carica per consolidare il potere degli Asburgo sull’Europa e, quando morì nel 1519, un paio di candidati si fecero avanti per reclamare il trono. Massimiliano avrebbe voluto darlo a suo nipote, Carlo V, che aveva già governato la Spagna. Ma il Re di Francia, Francesco I, vide il suo potenziale incoronamento come una minaccia: se Carlo avesse guidato sia Spagna che Germania, la Francia sarebbe stata circondata. Una volta che Francesco I aveva mandato la sua offerta per la poltrona, anche Enrico VII d’Inghilterra iniziò a dire la sua su chi doveva occupare la posizione.
Dal 1376, il Sacro Romano Imperatore era stato scelto da sette uomini: tre arcivescovi e quattro responsabili secolari di diverse regioni tedesche. Nessuno dei tre candidati era una scelta ovvia per gli elettori. Né Carlo né Francesco, i principali contendenti, erano veramente tedeschi; Carlo aveva trascorso gran parte della sua vita nella zone che oggi compongono il Belgio e i Paesi Bassi, e spesso parlava francese. Francesco era in realtà francese.
[Francesco I e Carlo V entrano a Parigi nel 1540, Taddeo Zuccari]
Gli elettori non avevano come unico fattore di scelta quello degli incentivi finanziari che gli venivano offerti. E il denaro giocò un ruolo significativo nel contribuire a decidere che eleggere. Fin dal principio, Massimiliano aveva detto a Carlo che il denaro lo avrebbe aiutato a vincere: «Se vuoi guadagnare quella corona, non bisogna risparmiare nulla per garantire tutte le cose che abbiamo», così scrisse. Carlo, però, era riluttante all’affare, e a quel punto ci guadagnò Francesco, che era disposto a partecipare al gioco. Il Re francese aveva chiesto un prestito ai Fugger, e gli aveva promesso alcune pensioni elettorali e altre ricompense finanziarie, se avessero votato per lui.
Alla fine, però, Jacob decise di indirizzare il suo potere verso Carlo, offrendo più di 850mila fiorini che il re utilizzò per assicurarsi i voti dei sette elettori che l’avrebbero reso Sacro Romano Imperatore. La cifra era una fortuna, più o meno equivalente a 100 milioni di dollari di oggi. Circa due terzi di quei soldi provenivano dalle tasche personali di Fugger, naturalmente come prestito. Alla fine, però, l’incursione dei Fugger in politica non ripagò. Nei cent’anni che seguirono, l’argento diventò meno prezioso, e iniziarono a dipendere per la maggiore dalle loro miniere di mercurio. Per tutto il tempo continuarono a prestare denaro agli Asburgo, e man mano che gli impegni politici si ammucchiavano si ammucchiavano anche i loro debiti. Alla fine, gli Asburgo non poterono più pagare i Fugger e restituire la fortuna che aveva comprato un intero regno diminuendo il potere dell’Imperatore.
Ma una fortuna che diminuisce è pur sempre una fortuna: fu abbastanza perché i Fugger riuscissero andare avanti a lavorare con alcune delle migliori famiglie europee, aspetto che garantì agli eredi dei Fugger la strada spianata fino al nostro secolo.