L'addio rinviato

La storia del piccolo Charlie Gard che per i giudici deve morire

La storia del piccolo Charlie Gard che per i giudici deve morire
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I medici del più importante ospedale pediatrico inglese, il Great Ormond Street Hospital di Londra, a breve sospenderanno le cure che tengono invita il piccolo Charlie Gard, nato lo scorso mese di agosto, affetto da una rarissima malattia genetica, la sindrome di deperimento mitocondriale, che provoca il progressivo indebolimento dei muscoli. Una sindrome così rara da essere solo 16 i casi censiti al mondo. Per i genitori, Connie Yates e Chris Gard, è una drammatica sconfitta dopo mesi di caparbie battaglie giudiziarie e mediatiche per far avvalere le loro ragioni e quelle del loro bambino. Il via libera ai medici londinesi è arrivato dalla Corte europea per i diritti dell’uomo lo scorso 26 giugno, che ha stabilito quanto già approvato dai tribunali britannici in tre sentenze: qualunque ulteriore trattamento danneggerebbe Charlie, provocandogli «dolore continuo, sofferenza e stress».

La procedura avrebbe dovuto essere avviata venerdì 30 giugno, ma è stata in realtà rimandata di qualche ora: «Abbiamo parlato con l'ospedale, ci hanno dato un po' di tempo in più da trascorrere con Charlie». L'ospedale, che ha precedentemente negato ai genitori il trasferimento del bimbo a casa (i due ne parlano qui, in un videomessaggio), ha spiegato che il rinvio in realtà è dovuto al fatto che si stanno mettendo in atto i programmi necessari per l'assistenza al bimbo.

 

 

«Charlie riesce a muovere la bocca, le mani. Non le apre del tutto, ma può aprire gli occhi e vederci, può reagire a noi. Non crediamo affatto che stia soffrendo», hanno sempre testimoniato invece i genitori. Che hanno combattuto la battaglia anche a livello mediatico con gesti che hanno colpito l’opinione pubblica: come quando hanno portato il bambino sul tetto dell'ospedale dov'è allestito un piccolo giardino e dove, con la complicità delle infermiere dell'ospedale, hanno organizzato nell'attesa della sentenza un vero e proprio pic nic con il loro bambino.

Arriva così a drammatica conclusione una vicenda che ha diviso l’Inghilterra e che ha commosso il mondo. I genitori del piccolo infatti si sono battuti come leoni su tutti i fronti per contrastare la decisione dei medici. «È come se Charlie fosse stato condannato a morte», avevano detto all’inizio di questa loro battaglia. «Siamo sconvolti e terrorizzati all’idea di dover andare in tribunale per chiedere che nostro figlio non venga ucciso. Vogliamo solo che ci sia data una possibilità. Non sarà una cura definitiva ma lo aiuterà a vivere. Il giudice deve fidarsi di noi, siamo i suoi genitori». La loro non era semplicemente una richiesta di insistere sulla terapia, ma di poter portare il bambino negli Usa per tentare un altro tipo di cura. Per sostenere il progetto e pagare il viaggio della coppia e del loro bambino era partita una colletta spontanea che ha assunto subito dimensioni straordinarie: ad ora sono stati raccolti 1,3 milioni di sterline che corrispondono circa a 1,5 milioni di euro. Una mobilitazione internazionale commovente e disinteressata. Ma, come ha scritto Roberto Colombo sul quotidiano Avvenire, alle fine «ha vinto la medicina rinunciataria».

 

We are utterly heartbroken ? spending our last precious hours with our baby boy ? we're not allowed to choose if our son...

Pubblicato da Charlie Gard #charliesfight su Giovedì 29 giugno 2017

 

«Abbiamo promesso al nostro piccolo ogni giorno che l’avremmo riportato a casa», ha detto mamma Connie in un’intervista concessa oggi al Daily Mail. «Adesso tutto questo ci viene negato. Ormai sappiamo il giorno in cui nostro figlio morirà, ma non ci dicono come questo accadrà». Secondo quanto trapelato, la procedura dovrebbe prevedere una sedazione profonda e poi il distacco del ventilatore dal piccolo Charlie.

Intanto i genitori del piccolo hanno annunciato che la somma raccolta che avrebbe dovuto servire per tentare una cura sperimentale in America al loro piccolo, sarà devoluta a famiglie con situazioni analoghe a quella di suo figlio. Inoltre la campagna spontanea a favore di Charlie non si ferma qui. È stato creato un hashtag per fare rete su twitter: #charliesfight. Cioè l’esercito di Charlie. Un esercito pronto a combattere battaglie di civiltà.

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