La tempesta del vecchio Bush contro gli arroganti neocon Usa
«Lui è mio figlio, ha fatto del suo meglio e io sono per lui. L’equazione è così semplice». Sono parole pronunciate da George Herbert Walker Bush, il padre del 43esimo presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, colui che si rese protagonista della Guerra in Iraq del 2003 e della caduta di Saddam Hussein, con tutte le conseguenze che oggi stanno insanguinando il Medio Oriente.
Il vecchio Bush, 91 anni, affetto dal morbo di Parkinson, dal 1989 al 1993 è stato il 41esimo Presidente degli Stati Uniti d’America. È il più anziano ex presidente americano vivente. Nella sua biografia, in uscita proprio mentre la campagna elettorale per la Casa Bianca entra nel vivo, spara a zero contro i collaboratori di suo figlio e i neocon che hanno guidato la risposta agli attentati dell’11 settembre 2001. In particolare prende di mira l’allora Segretario della Difresa, Donald Rumsfeld, e l’ex vicepresidente Dick Cheney, secondo Bush Senior, sarebbero i principali responsabili dei disastri della politica estera americana in Iraq. Li definisce “iron-ass”, un appellativo non propriamente gentile per dar loro dei prepotenti, dei falchi che con la loro inflessibilità hanno danneggiato la reputazione dell'America nel mondo.
La biografia. Questa tesi, stando alle anticipazioni, è sostenuta nella biografia redatta dall’ex direttore di Newsweek, Jon Meacham, che si intitola Destiny and Power: The American Odyssey of George Herbert Walker Bush. Un libro attesissimo, frutto di nove anni di interviste e di materiale raccolto nei diari audio di George H.W. e di sua moglie Barbara. In tutto 800 pagine di riflessioni, commenti, ricordi della sua lunga vita e della politica americana degli ultimi anni.
Il rimprovero. Quello che Bush padre rimprovera all’amministrazione del figlio non è la guerra in sé, durata 8 anni, 7 mesi e 28 giorni e costata 134mila morti civili iracheni e 1770 miliardi di dollari ai contribuenti americani, oltre a 490 miliardi per l'assistenza ai reduci di guerra. Con la destituzione di Saddam, secondo lui, sono state eliminate anche la brutalità, la cattiveria e la ferocia. Ma a suo figlio, Bush senior rimprovera di non aver messo un freno ai suoi consiglieri neocon, che hanno spadroneggiato e si sono rivelati un danno per gli Usa. A Dick Cheney, in particolare, l'anziano patriarca riserva l'accusa più grave: quella di aver costruito - come ha scritto Federico Rampini su Repubblica - "una presidenza dentro la presidenza, un circolo decisionale sottratto al controllo della Casa Bianca. Con conseguenze disastrose soprattutto in politica estera". La critica è durissima. Va infatti ricordato che fu Bush senior a volere la Prima Guerra del Golfo, la "Tempesta nel deserto" scatenata dopo l'invasione irachena del Kuwait. Ma prima di muovere l'esercito egli cercò il consenso della comunità internazionale, coinvolgendo una vastissima coalizione di alleati, fra i quali anche il nostro Paese, mentre nella Seconda Guerra, quella decisa dal figlio, l'America si mosse praticamente da sola con il supporto di Blair - che recentemente ha chiesto scusa per aver creduto alle menzogne dei servizi segreti americani - della Spagna e dell'Italia.
I consiglieri, persone conosciute. Rumslfed e Cheney erano entrambi già noti alla famiglia Bush, e nei ranghi della politica americana. Il primo ricoprì la carica di Segretario della Difesa con il presidente Ford, dal 1975 al 1977, gli anni in cui Bush padre era a capo della Cia, mentre Cheney ricoprì lo stesso incarico dal 1989 al 1993, con l’amministrazione Bush senior. Inoltre Cheney, all’epoca venne incaricato di gestire due delle più importanti operazioni militari della storia recente degli Stati Uniti, Gusta Causa a Panama, e Desert Storm in Iraq. Fu in queste circostanze che si guadagnò la fama di falco, nonostante nella sua biografia George H. W. Bush sostenga che quando era con lui Cheney non era così arrogante. Oggi Cheney da molti è stato definito il più potente vicepresidente dei tempi moderni.
La campagna di Jeb, l’ultimo dei Bush. Quella di Bush senior è una biografia destinata a far parlare di sé e ad avere ripercussioni sulla campagna elettorale per il 2016, che vede tra i candidati alla Casa Bianca l’ultimo dei Bush, Jeb, già Governatore della Florida dal 1999 al 2007. Non è un segreto che tra Jeb e George W. le divergenze di pensiero sulla guerra in Iraq siano motivo di frizione in famiglia. Qualche mese fa, durante un comizio, a sorpresa Jeb, incalzato dalle domande di una studentessa, ammise che la guerra in Iraq fu un errore. La mossa venne vista come strategica, ed è stata paragonata a quella che nel 2000 fece il fratello George quando si candidò alla Casa Bianca. E se all’epoca George W. prese le distanze dal padre, diventando l’espressione della destra religiosa, la scorsa primavera Jeb deve aver pensato che tagliare nettamente con la pesante eredità del fratello potesse rappresentare la carta vincente per diventare il terzo presidente Bush della storia degli Stati Uniti.
Aiuto o ostacolo? Tuttavia questa presa di posizione non è bastata, dato che oggi la popolarità di Jeb in campagna elettorale è in caduta libera. Ed essendo lui il figlio prediletto dell’ex first lady Barbara, c’è chi azzarda il pensiero che la pubblicazione della biografia di George H. W. Bush possa in qualche modo essere una mossa per risollevare le sorti di una campagna elettorale che sembra ormai definitivamente compromessa e per fare in modo che dopo 41 e 43 (numeri che indicano rispettivamente George senior e junior e le loro presidenze) arrivi anche un Bush 45. Anche se focalizzare l’attenzione sull’aspetto dinastico della successione alla guida degli Stati Uniti potrebbe rivelarsi controproducente e offuscare il piano politico. Inoltre il libro arriva in un momento molto simile a quello che l’America visse nel 1992, poichè anche allora a contendersi la Casa Bianca c’erano un Bush e un Clinton. Vinse Clinton.