Morto di incuria

La triste fine del Collegio Celana che resta lì come una ferita aperta

La triste fine del Collegio Celana che resta lì come una ferita aperta
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A novembre 2016 si è fatta viva, presso il Consiglio di amministrazione del Collegio convitto Celana, la Fondazione Ies Lab, accademia di formazione imprenditoriale internazionale che ha sede in Campania. Hanno voluto parlare con l’avvocato Mario Benedetti, presidente del Cda, per presentare un progetto: «Si tratta di un percorso scolastico destinato ai ragazzi del Terzo Mondo. Siamo rimasti felicemente sorpresi del loro interessamento, anche se di idee ne sono arrivate diverse, ma poi conta la proposta economica», si affretta a chiarire l’avvocato.

Una ferita aperta. La vicenda del Celana è una ferita aperta per la Val San Martino e per coloro che conoscono la storia di questo celebre collegio. La scuola cattolica più antica d’Italia (1566), voluta da San Carlo Borromeo, e che vanta tra i suoi alunni personaggi come il giovanissimo Angelo Roncalli, ha chiuso i battenti nel luglio del 2013. Il Cda aveva infatti dichiarato il dissesto economico per il calo progressivo delle iscrizioni nelle classi di geometri, liceo classico e scientifico, con una perdita d’esercizio di oltre 300mila euro: «Il Collegio è un’entità privata, una scuola paritaria. Anche se sentenze risalenti al 1800 ne riconducono la proprietà alla Curia di Bergamo». È la Curia infatti che per secoli ha retto le sorti della scuola e i suoi rappresentanti siedono per tre quinti tra le fila del Cda. sono loro, in compagnia della rappresentanza politica locale, che non hanno saputo leggere i tempi, mescolando errori programmatici a mancanza di visione.

 

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La lungimiranza mancata. Le sorti del collegio Celana erano già ben visibili almeno trent’anni fa, quando l’Esperia, la più famosa scuola professionale d’Italia che ha formato i protagonisti della storia industriale bergamasca, quella che ha saputo imporsi in tutto il mondo, ha cominciato a segnare il passo. Perché i tempi cambiavano e si affacciavano le nuove frontiere dell’informatica e della robotica. Allora anche chi presiedeva il Celana avrebbe dovuto leggere in queste nuove frontiere un’opportunità per il futuro dell’Istituto. «Oggi la struttura è affidata in gestione all’Istituto sordomuti di Torre Boldone e una cooperativa garantisce il servizio di guardianìa; al custode è stato dato l’alloggio del rettore».

La lista delle opere. Una realtà che un tempo riempiva settecento posti letto, con laboratori, refettori, impianti sportivi, un teatro, persino un museo zoologico, le stalle, un antico orto: un modello di campus che oggi rincorriamo. E le opere d’arte, con un Lorenzo Lotto nella Chiesetta, un mappamondo del valore di oltre centomila euro, oggi all’asta: «L’archivio nazionale – continua Benedetti - chiede con insistenza di poter avere tutta la documentazione presente, dato che per legge se decade la funzione scolastica dobbiamo consegnare il materiale. Siamo in attesa però di sapere dove deve andare e con quali risorse. Ogni tanto manda lettere minacciose. Alcune opere che erano presenti nella chiesa le abbiamo donate in comodato d’uso al Comune di Caprino. Altre, del Meli, stavano marcendo e per questo le abbiamo donate al museo Meli di Luzzana.

 

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Aprile 1965, seconda geometri con Don Arrigoni, Don Bedda e Prof. Bizzarro.

 

I mutui e i terreni venduti. Anche i tre figli dell’avvocato Benedetti hanno studiato qui ed è questo motivo, dice, che lo ha spinto ad accettare l’incarico: «Devo però confessare un po’ di stanchezza. Una coltre di silenzio ha ricoperto questa vicenda ma i mutui restano e corre l’obbligo di onorarli. Le perizie che fanno riferimento alle volumetrie danno un valore dell’intera struttura pari a circa 20 milioni di euro. In realtà, noi saremmo pronti a venderlo per cinque-sei, cifra che consentirebbe di pagare i mutui ancora accesi. Abbiamo depositi per 1,5 milioni e mezzo in Ubi e 60-70mila euro in altre opere. La vendita del lotto di terreno a Verdellino ci ha consentito di saldare la rata del mutuo che scade il 5 dicembre, pari a 500mila euro. Mentre a fine mese venderemo altri quattro lotti, proprio dietro la collina del Collegio, con fabbricati rustici che potranno essere recuperati. E c’è anche il problema dell’eternit sui tetti, che andrebbe sistemato».

La questione del reality. Accendere i riflettori sul Collegio, come avvenuto per il reality sul mondo della scuola “Il Collegio”, prodotto da Magnolia, e girato proprio in questi luoghi, può aiutare a risvegliare l’interesse. «Guardi, ha trattato tutto la Curia, io non ne so nulla». «Sì, ma lei avrà firmato il contratto, e si sarà accordato per l’affitto». «Parliamo di 15mila euro – che devono ancora versare -, e comunque non ho trattato nemmeno questo. E non ho firmato nulla: sono disponibile a tutto, ma entro certi limiti».

 

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Inverno 1967, montagna di neve.

 

Un posto per accogliere i migranti? La valle San Martino, e i suoi nove Comuni, stanno subendo un processo di costante spopolamento, lo dimostrano le abitazioni: almeno un terzo versa in grave stato di manutenzione. Per farla ripartire era stata pubblicizzata con una certa enfasi la possibilità di mettere nel collegio 700 immigrati, sottolineando che questo sarebbe diventato un luogo di riferimento per viandanti. Una scelta che avrebbe portato cifre importanti: 35 euro al giorno per settecento letti (cioè 24.500 euro al giorno). «Come sa, ci sono state manifestazioni di protesta e io mi sono affidato al volere dei sindaci e degli abitanti».

E il disinteresse totale. La Comunità europea stanzia ogni anno 540 milioni di euro per la formazione giovanile. Perché nessuno ha mai pensato di investire delle energie in un bando europeo, e ripensare le sorti di un luogo così straordinariamente unico? Perché non si è preso il coraggio a due mani interpellando anche la politica, a tutti i livelli, per accedere a questi fondi? Per dar vita a un campus, una scuola a tempo pieno, con corsi collegati all’industria d’avanguardia: «La sensazione è che non c’è stata la volontà. Che chi doveva difendere l’Istituto, alla fine se n’è solo voluto liberare». Come quei documenti risalenti al 1600 che, si dice ufficiosamente, siano finiti al macero «per la fretta di liberarsi di tutto». E con loro si butta via la storia, il pensiero. Conta solo far cassa.

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