Gli interessi dlel'Occidente in gioco

Riesplode il Nagorno Karabakh Storia di una guerra sconosciuta

Riesplode il Nagorno Karabakh Storia di una guerra sconosciuta
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Il Nagorno Karabakh, Stato de facto (ovvero un territorio conteso), è di nuovo in guerra. Una guerra che per molto tempo è stata "congelata" ma che negli ultimi giorni è tornata a mietere vittime. Sarebbero 70 i soldati armeni uccisi da quelli azeri in appena 24 ore. Il casus belli è stato l’abbattimento di un elicottero militare che ha provocato decine di vittime nella giornata di sabato 2 aprile. Mai c’erano stati così tanti morti dal 1994, anno in cui è entrata in vigore la tregua che ha, più o meno, retto fino alla scorsa settimana. Per evitare ulteriori vittime, anche il presidente russo Vladimir Putin ha fatto sentire la sua voce, invocando un cessate il fuoco e richiamando alla calma e alla responsabilità. Le parti in conflitto continuano però ad accusarsi vicendevolmente di violazione della tregua e quel che preoccupa è l’escalation di violenza, che miete vittime soprattutto tra i civili.

 

Nagorno Karabakh cartina

 

Gli schieramenti. Fin dal suo inizio, la guerra in Nagorno Karabakh, piccola enclave armena cristiana che ufficialmente è parte dell’Azerbaigian musulmano ma che si è proclamata indipendente sebbene non sia mai stata riconosciuta a livello internazionale, ha visto scontrarsi le forze autonomiste dello Stato de facto e quelle armene da un lato e le forze azere dall’altro. I primi sono appoggiati dalla Russia, anche per ragioni storiche, mentre i secondi sono sostenuti politicamente da Ankara, che vede in Baku l’anello turco verso l’Asia centrale, e militarmente da Israele, che in passato ha visto nelle basi aeree abbandonate azere un valido punto d'appoggio per un attacco all'Iran. La superiorità azera, almeno sul piano militare, è piuttosto netta, dal momento che Tel Aviv ha addestrato le truppe speciali azere e rifornito l’esercito di armamenti di ultima generazione, tra cui molti droni.

La storia del conflitto. Il conflitto cominciò nel febbraio del 1988, quando il parlamento locale chiese di essere annesso all’Armenia. Fu guerra aperta per 6 anni, con episodi di pulizia etnica da entrambe le parti: le popolazioni turco-azere abbandonarono la zona e gli armeni dell’Azerbaigian si spostarono nel Nagorno Karabakh. Nel 1994 la firma di un cessate il fuoco con la mediazione di Mosca che ha, almeno sulla carta, congelato la guerra, ma dal 2009 i colloqui di pace sono in una fase di stallo, con reciproche e periodiche violazioni della tregua. Ad aggravare il tutto il fatto che non ci siano fonti indipendenti che verifichino la reale situazione. Il conflitto, che aveva già provocato 30mila morti e centinaia di migliaia di profughi, si è riacceso l'1 aprile 2016. Secondo gli analisti, il petrolio a Baku e dintorni è stato il motore della crescita economica dell’ultimo decennio, ed è solo grazie al greggio che l’Azerbaigian ha potuto uscire con successo dalla guerra indipendentista dall’ex URSS. I prezzi del barile ai minimi potrebbero aver innescato la scintilla di una nuova crisi.

 

morti-per-il-conflitto-tra-armeni-e-azeri

 

Preoccupazioni internazionali e il cessate il fuoco. Sta di fatto che la violenza di questa nuova tornata di scontri è stata inaudita e ha suscitando le preoccupazioni della comunità internazionale, che vede così accendersi un nuovo focolaio di guerra nel già tormentato panorama internazionale, soprattutto nel vicino Oriente. Un nuovo cessate il fuoco è stato proclamato a mezzogiorno di martedì 5 aprile e al momento sembra reggere. I dettagli dell’accordo, che è entrato in vigore a poche ore dall'inizio di una riunione a Vienna fra americani, francesi e russi per rilanciare il processo di pace, non sono stati resi noti così come nulla è trapelato, da Yerevan e da Baku, sulla sorte dei territori conquistati dai due eserciti negli ultimi 20 anni.

La questione del gas. Quello che è, però, interessante sottolineare è il fatto che il Nagorno Karabakh si trova a pochi chilometri dal Mar Caspio, proprio nella stessa zona in cui dovrebbe passare il Southern Gas Corridor, un gasdotto dal valore di 45 miliardi di dollari la cui entrata in funzione dovrebbe avvenire nel 2019 e teso a portare il gas dell’Azerbaigian dal Mar Caspio in Europa, attraversando ben 7 Paesi: Azerbaigian, Turchia, Georgia, Turkmenistan, Kazakhistan, Iraq ed Egitto. Il progetto è supportato da Ue e Stati Uniti, affinché l’Occidente si renda indipendente dalla Russia per gli approvvigionamenti di gas. Ancora una volta, sebbene Mosca possa giocare un ruolo importante nel processo di pace, sembra che ci sia chi rema contro.

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