La riforma era in stallo dal 2011

La vittoria di Obama sulla sanità

La vittoria di Obama sulla sanità
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Negli scorsi giorni la sentenza della Corte Suprema degli Usa che ha suscitato il maggior tumulto mediatico, vista la sua rilevanza mondiale, è stata senza dubbio quella riguardante i matrimoni omosessuali; ma solo un paio di giorni prima, la stessa Corte ha emesso una pronuncia altrettanto rilevante per gli americani: quella riguardante la riforma sanitaria di Obama. A partire dal 25 giugno, infatti, l’Obamacare, come è stata ribattezzata la nuova legge, è diventata definitivamente vigente. Approvata dal Governo nel 2010, la riforma era incappata in non pochi ostacoli di natura giuridica, protratti in particolare dalla frangia repubblicana dei palazzi di Washington: si sosteneva, sostanzialmente, che il testo presentasse diverse ambiguità, incongruenze, e persino profili di incostituzionalità. Ecco perché la decisione finale circa l’effettività dell’Obamacare è stata rimessa nelle mani della più alta corte. La quale, come detto, ha dato il proprio via libera, suggellando una clamorosa vittoria politica per Obama, nonché una rivoluzione a dir proprio storica per quanto riguarda l’assistenzialismo negli Stati Uniti.

 

 

La vicenda della riforma del 2010. Prima del 2010, accedere al sistema sanitario negli Stati Uniti era tutt’altro che semplice: per godere di questo vantaggio, occorreva aver sottoscritto una polizza assicurativa che coprisse le eventuali spese mediche. Questo perché negli Usa non esisteva, e in termini assoluti non esiste nemmeno ora con l’Obamacare, la copertura sanitaria universale. La conseguenza immediatamente constatabile è che chi aveva i soldi poteva permettersi le cure in caso di malattia, chi invece non era abbastanza ricco da potersi permettere una polizza, no. Obama decise di intervenire radicalmente, stilando una riforma che prevedeva, fra le varie cose, l’obbligo in capo a ciascun cittadino di sottoscrivere una polizza medica attraverso sussidi statali ai meno abbienti, in modo che questi ultimi avessero la possibilità di stipulare almeno una basilare assicurazione sanitaria. In questo modo, veniva permesso l’accesso al sistema medico a milioni di persone che altrimenti ne sarebbero rimaste escluse. Ma nel 2011 accadde il punto di svolta: David King, 64enne reduce del Vietnam, citò in giudizio il Governo Usa. L’accusa di King si basava sul fatto che, ad un certo punto della legge, si sarebbe inteso che i suddetti sussidi federali potevano essere garantiti solo a coloro che avevano comprato una copertura sanitaria nei mercati stabiliti da ciascuno Stato, e non da quelli messi in piedi dallo Stato federale. Di conseguenza, hanno argomentato i sostenitori della causa, i sussidi possono essere garantiti solo da quegli Stati che hanno creato un mercato proprio, senza l’appoggio del Governo centrale. E all’epoca, ad aver creato un mercato proprio, erano stati solo 15 Stati. La questione venne dunque rimesse nelle mani della Corte Suprema: se si fosse espressa in favore dell’accusa, avrebbe fatto saltare il punto nodale della riforma, rendendola pressoché inutile. In molti hanno vociferato che dietro a questa vicenda giudiziaria ci fossero le mani delle lobby mediche e farmaceutiche, che vedevano nell’Obamacare un potenziale crollo dei propri guadagni.

 

 

La sentenza della scorsa settimana. Dopo ben quattro anni di studi, proteste, manifestazioni e schermaglie politiche, è arrivata la scorsa settimana, il 25 giugno, la tanto agognata sentenza della Corte. La quale, come detto, si è espressa in favore della riforma, ritenendo infondata l’accusa e concedendo al Governo centrale la possibilità di partecipare ai sussidi per i meno abbienti qualora il singolo Stato non intenda farlo. Una decisione che spalanca le porte dell’assistenza sanitaria a buona parte di quei circa 50 milioni di cittadini americani che, fino a pochissimo tempo fa, non godevano di alcuna tutela.

 

 

I tre grandi pilastri della riforma. Riassumendo, dunque, la nuova riforma sanitaria americana si fonda sue tre fondamentali aspetti: in primo luogo, ogni cittadino è tenuto a sottoscrivere una polizza assicurativa che gli permetta di accedere al servizio sanitario nazionale; in secondo luogo, nessun ente assicurativo può rifiutarsi di stipulare una copertura a causa dei trascorsi clinici o delle attuali condizioni di salute di un dato paziente; e infine, come detto, lo Stato federale in collaborazione con i singoli Stati si impegna a garantire sussidi, legati agli stipendi dei richiedenti, per contribuire all’acquisto di una copertura sanitaria, così da permetterla anche ai meno abbienti. Ciascun Governo statale si impegna, inoltre, a mettere in piedi un mercato (un sito internet, fondamentalmente) attraverso cui ciascuno può comprare un’assicurazione scegliendo quella più adatta al proprio caso.

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