Napoli, l'accademia voluta da Apple e quei problemi col fisco mai sanati
Apple sbarca in Italia, e non più solo con i suoi straordinari prodotti, ma con un vero e proprio Centro di Sviluppo. La località scelta da Cupertino è Napoli, dove prenderà vita la prima incubatrice di idee della Mela morsicata d'Europa, la seconda al mondo dopo quella già esistente in Brasile. «Qui ci sono alcuni degli sviluppatori più creativi al mondo», ha affermato il ceo Tim Cook, spiegando ai media la scelta di investire nel Belpaese. «L'Italia è un Paese che ha dimostrato come l'eccellenza significhi fare meglio e non necessariamente produrre di più. Siamo entusiasti di aiutare la prossima generazione di imprenditori italiani ad acquisire le competenze necessarie per avere successo», ha poi proseguito. L'Italia vista come potenziale e inimitabile fulcro di sviluppo, dunque. Ma, oltre alle innegabili ragioni legate al talento nostrano, pare che la scelta della Apple di radicarsi nel nostro Paese sia legata anche ad alcune vicende fiscali.
[L'incontro tra il ceo di Apple Tim Cook e Papa Francesco]
Vatican Pope Apple
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Anzitutto, il progetto. Quello che verrà realizzato a Napoli sarà un Centro di Sviluppo App iOS, una sorta di Silicon Valley in cui verranno formati futuri sviluppatori dei prodotti Apple, che una volta terminato l'apprendistato verranno inseriti nella realtà dell'azienda di Cupertino. La struttura collaborerà con vari partner in tutta Italia, che potranno fornire il proprio contributo alla formazione degli studenti. Lo sviluppo della qualità e dell'innovazione delle proprie applicazioni è ritenuto fondamentale da Apple, non solo da un punto di vista dell'implementazione del proprio prodotto, ma anche rispetto alla concorrenza: Google, Microsoft e Samsung, i principali competitor, hanno già da tempo aperto centri analoghi in giro per il mondo, con lo scopo di globalizzare la propria ricerca tecnologica e attingere a talenti e idee in quanti più Paesi possibile.
L'accademia Apple. Quella di Napoli sarà una struttura che ospiterà 600 allievi, ed è opportuno sottolineare che non si tratterà di 600 posti di lavoro, come è stato da più parti sostenuto con toni entusiastici, ma di una vera e propria accademia, alla quale con ogni probabilità seguirà un'assunzione in Apple, ma solo una volta conseguito il “diploma”. La Mela, fra l'altro, ha già permesso in Italia in questi anni la creazione di 75mila posti di lavoro legati al proprio App Store, ai software, e in generale a tutto quanto concerne i propri prodotti, e questa iniziativa potrebbe ulteriormente elevare i numeri già ampiamente positivi per il nostro Paese. Senza contare i margini di guadagno che si apriranno per i futuri sviluppatori, categoria lavorativa che in Apple, dal 2008 ad oggi, ha incamerato in tutto il mondo qualcosa come 38 miliardi di euro.
[Tim Cook incontra Matteo Renzi]
L'amministratore delegato di Apple Timothy Donald Cook e i ministri Stefania Giannini (C) e Marianna Madia (D) durante un incontro a Palazzo Chigi, Roma, 22 January 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI ++HO - NO SALES EDITORIAL USE ONLY
L'amministratore delegato di Apple Timothy Donald Cook (C) durante un incontro con il presidente del consiglio Matteo Renzi a Palazzo Chigi, Roma, 22 gennaio 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI ++HO - NO SALES EDITORIAL USE ONLY
L'amministratore delegato di Apple Timothy Donald Cook durante un incontro con il presidente del consiglio Matteo Renzi a Palazzo Chigi, Roma, 22 gennaio 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI ++HO - NO SALES EDITORIAL USE ONLY
L'amministratore delegato di Apple Timothy Donald Cook durante un incontro con il presidente del consiglio Matteo Renzi a Palazzo Chigi, Roma, 22 gennaio 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI ++HO - NO SALES EDITORIAL USE ONLY
I guai con il fisco italiano. Tutto ciò premesso, veniamo a quello che in molti sostengono essere il vero motivo per cui Apple ha deciso di insediarsi in Italia: alcuni problemi con il fisco nostrano. Tempo fa l'Agenzia delle entrate, in collaborazione con la Procura di Milano, aveva aperto un'inchiesta nei confronti della Apple in seguito al riscontro di una netta discrepanza fra l'enorme quantità di prodotti che la Mela vende in Italia e la cifra complessiva dichiarata al nostro fisco fra il 2008 e il 2014, appena 30 milioni di euro. Le indagini hanno portato alla scoperta di un sistema, che in gergo tecnico si chiama “estero-vestizione”, che permetteva alla Apple di vendere in Italia ma fatturare in altri Paesi dalle aliquote ben più convenienti. Il meccanismo era semplice, ed è lo stesso adoperato dalla Apple anche in altri Stati: apparentemente in Italia ad operare era la Apple Italia Srl, una società di facciata, una semplice consulente della irlandese Apples Sales International, sostituita nel 2012 da Apple Distribution International. Sulla carta, Apple Italia avrebbe dovuto svolgere solo consulenza, e infatti le venivano riconosciuti ricavi pari a sostenere i costi di struttura, e niente di più.
Un'evasione da 897 milioni. In sette anni, come detto, parliamo di appena 30 milioni di euro a fronte di un miliardo di utili, che finivano in Irlanda, dove Apple pagava aliquote bassissime grazie ad accordi molto vantaggiosi stretti con il governo locale. Ma la realtà era molto diversa: i venditori in Italia avevano un'autonomia gestionale totale. Potevano seguire l'intero ciclo di vendite, contrattare prezzi e sconti per i clienti, negoziare condizioni economiche e contrattuali. Una sorta di struttura occulta che concludeva i contratti per la Apple irlandese e ne dipendeva anche economicamente. Secondo l'Agenzia delle Entrate in tale periodo la società ha realizzato un volume di vendite stimato in circa 9,6 miliardi di euro. Volumi che avrebbero determinato un'evasione stimata dagli uffici in 897 milioni di euro.
L'accordo. Dopo mesi di indagini e contrattazioni varie, a fine novembre il fisco italiano ha fatto sapere di aver raggiunto un'intesa con Apple, la quale si è impegnata a versare 318 milioni di euro a titolo di risarcimento per l'evasione degli anni precedenti. Circa un terzo di quanto dovuto, insomma: davvero un po' pochino. Ma ecco che solo un paio di mesi dopo Apple annuncia di voler dar vita ad un centro di ricerca di grande importanza strategica proprio in Italia, e per di più a Napoli, dove c'è un grandissimo bisogno di imprese forti e strutturate che possano segnare il passo per tutte le altre. È inevitabile chiedersi se i “soli” 318 milioni versati dalla Mela per evasione fiscale siano stati parte di un accordo che a fronte di un tale sconto avrebbe impegnato Cupertino a stanziarsi in Italia, portando denaro, possibilità, visibilità e tutto quanto Apple è in grado di tirarsi appresso. Francamente, è assai plausibile che sia così. Tutto sommato, e con un occhio al futuro, davvero un bel colpo da parte del nostro Paese.