Si punta addirittura alla Romania

L'accoglienza croata dura 48 ore Il grido di Zagabria: «Siamo pieni»

L'accoglienza croata dura 48 ore Il grido di Zagabria: «Siamo pieni»
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L’Ungheria, a quanto pare, ha tracciato un solco in cui molti Paesi dell’area balcanica e orientale dell’Europa intendono inserirsi. L’ultimo in ordine cronologico è la Croazia, che come Budapest ha deciso di bloccare i propri confini per impedire il passaggio dei migranti che dal Nord Africa si stanno dirigendo verso il cuore del Vecchio Continente. Ma il "muro" croato sembra essere differente da quello magiaro: Zagabria ha infatti fatto sapere che la decisione di chiudere le frontiere ai profughi non nasce da un’opposizione al piano di accoglienza dell’Ue, come per l’Ungheria, ma da un’obiettiva impossibilità a gestire le molte migliaia di persone che si stanno riversando da alcuni giorni nel suo territorio. Il risultato è che nella notte appena trascorsa, fra il 17 e il 18 settembre, migliaia di migranti si sono affastellati lungo il confine croato senza la possibilità di proseguire il loro viaggio, a meno di non fare richiesta dello status di rifugiato; cosa che, però, li costringerebbe a rimanere poi in Croazia.

Croatia Migrants
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Migrants shout slogans at a railway station in Tovarnik, Croatia, Friday, Sept. 18, 2015. Croatian Prime Minister Zoran Milanovic says Croatia cannot and will not close its borders, but will redirect people toward Hungary and Slovenia and further toward Western Europe. (AP Photo/Petr David Josek)

Serbia Migrants
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A migrant woman carrying a baby stands on a blocked road bridge over the Danube river between Serbia and Croatia, near Bezdan, Serbia, Friday, Sept. 18, 2015. Croatia closed all but one of its border crossings with Serbia after straining to cope with more than 13,000 migrants who have entered the country after Hungary closed its border. (AP Photo/Darko Vojinovic)

Croatia Migrants
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Migrants shout slogans at a railway station in Tovarnik, Croatia, Friday, Sept. 18, 2015. Croatian Prime Minister Zoran Milanovic says Croatia cannot and will not close its borders, but will redirect people toward Hungary and Slovenia and further toward Western Europe. (AP Photo/Petr David Josek)

Serbia Migrants
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Croatian police officers block migrants on road bridge over the Danube river between Serbia and Croatia, near Bezdan, Serbia, Friday, Sept. 18, 2015. Croatia closed all but one of its border crossings with Serbia after straining to cope with more than 13,000 migrants who have entered the country after Hungary closed its border. (AP Photo/Darko Vojinovic)

La chiusura della Croazia. Il cambio di rotta da parte dei migranti verso il territorio croato è dovuto proprio allo stop imposto dall’Ungheria, cosa che li ha costretti a cercare altre vie per poter proseguire verso il centro Europa. Ecco perché, a partire dalla mattina del 16 settembre, migliaia di profughi presenti in Serbia hanno deciso di provare a superare il confine della Croazia, rendendo in poche ore la situazione incontrollabile. Con strade e stazioni ferroviarie improvvisamente intasate da decine di migliaia di persone, il Governo croato ha deciso di bloccare, con le forze dell’ordine, i treni e le vie di passaggio dalla Serbia. Con l’intensificarsi dei flussi, la Croazia ha infine deciso, nel tardo pomeriggio di ieri, giovedì 17 settembre, di chiudere definitivamente 7 punti di frontiera su 8 fra il proprio territorio e quello serbo. Il Ministro dell’Interno croato è stato molto chiaro, rivolgendosi direttamente ai profughi: «Non venite più qui. Restate nei centri di accoglienza di Serbia, Macedonia e Grecia. Questa non è la strada per l’Europa. Gli autobus non possono portarvi qui: è una bugia.  Abbiamo esaurito le nostre capacità di accoglienza: abbiamo detto ai rappresentanti di Unhcr e della Ue che siamo pieni». Ha poi aggiunto che verrà chiuso anche l’ultimo punto di frontiera rimasto aperto qualora nei prossimi giorni dovesse verificarsi un afflusso intenso quanto quello delle ultime ore.

 

 

Stop anche dalla Slovenia. La situazione, dunque, è tesa e senza la minima possibilità di previsione: i tantissimi profughi che fino a due giorni fa erano ammassati sul confine ungherese si sono ora spostati su quello croato, ma senza aver trovato maggior fortuna. Un’altra via che potrebbe essere battuta è quella che passa per la Slovenia, ma anche in questo caso le situazione è estremamente tesa: sempre nel tardo pomeriggio di giovedì 17, la polizia slovena ha fermato un treno che dalla Croazia stava portando diversi migranti a Dobova, in Slovenia appunto. Giacché una buona parte di questi non possedeva i requisiti per ottenere il diritto di asilo, le forze dell’ordine hanno tentato di rimandarli in Croazia, scatenando tensioni che hanno costretto molti agenti e mezzi ad intervenire. Alla fine, i non autorizzati sono stati rispediti indietro.

 

 

Si punta addirittura alla Romania. Ci sono quindi decine di migliaia di migranti bloccati in Serbia, già respinti da Ungheria, Croazia e Slovenia, e a cui resta dunque come ultima la via la Romania, che però, oltre ad aver già fatto sapere di non intendere far passare nessuno per il proprio territorio, comporterebbe un’infinita epopea che porterebbe i profughi addirittura in Ucraina: non esattamente il posto migliore, in questo momento, in cui far transitare migliaia di persone in fuga dalla guerra. È una situazione, si capisce, destinata a crollare da un momento all’altro, che solo una presa di posizione chiara da parte dell’Unione europea, che non può prescindere dall’accordo con i Paesi dell’Est, può quantomeno sbloccare. La speranza è che nella nuova riunione fissata per mercoledì 23 settembre possa già decidersi qualcosa (si parla di un piano per distribuire 120mila migranti). Nel frattempo, in questi prossimi 5 giorni, potrebbe accadere di tutto.

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