L'ad di Google: «Internet sparirà» Ma intendeva dire che sarà ovunque

Il mondo della comunicazione presenta alcuni aspetti decisamente originali. Basta che Eric Schmidt, il massimo dirigente di Google, si lasci andare a dire - in forum prestigioso come quello di Davos, d’accordo, ma anche nei forum prestigiosi si possono dire cose già note - basta che Schmidt si lasci andare ad affermare come sicuro che «Internet è destinato a sparire» e tutti lì a prefigurarsi un mondo tornato ai telefoni a ghiera - magari ancora quelli di bachelite, neri - con la televisione a un canale solo o due al massimo, le agende Planning come nel ’68, gli orari ferroviari gialli di carta che peggiore non si può.
Ma non è così: Schmidt ha soltanto ripetuto quello che da anni vanno dicendo non solo i grandi manager della rete, non solo i grandi esperti come Riccardo Luna o i filosofi come Derrick de Kerckhove, ma anche le persone giudiziose e semplicemente informate sui fatti. Internet scomparirà nel senso che sarà ancora più ovunque di quanto non lo sia già. «Ci saranno tanti di quegli indirizzi IP…Saremo circondati da così tanti sensori e accessori connessi alla Rete, che pur essendo ovunque sarà sempre più difficile rendersene conto» sono state le sue parole. Le connessioni, ha poi aggiunto, «diventeranno una presenza normale, interagire con loro un’abitudine quotidiana», per concludere il suo pensiero con la previsione che a quel punto «Internet, pur passando in secondo piano, permetterà di far emergere un mondo altamente personalizzato, altamente interattivo e decisamente interessante». Passerà «in secondo piano» nel senso che non ci accorgeremo nemmeno di usarlo.
Non ci sarà più Internet come tecnologia limitata ad alcune operazioni - si è voluto dire - perché tutto sarà connesso in maniera interattiva di modo che noi penseremo di entrare in rapporto direttamente con le cose, mentre tra noi e le cose si collocherà la sfera - il guscio - delle operazioni digitali mediante le quali laveremo la biancheria, riforniremo il frigo, seguiremo il cane nelle sue passeggiate e ci faremo venire a prendere dall’auto. Nel mondo sviluppato «non è già più possibile oggi isolarsi dalla Rete. Gli stessi Governi non possono più prescindere da Internet per quanto riguarda l’aspetto bancario, quello delle comunicazioni e del nuovo modo in cui i cittadini hanno imparato a comunicare». Quando si dice che le iscrizioni a scuola, agli esami universitari o ai concorsi possono essere fatte soltanto mediante Internet si ammette come un dato di fatto la presenza della rete nella nostra quotidianità.
Al punto che - si spera - tutti coloro che continuano a ripetere che i social network e i loro parenti stretti sono soltanto un fatto virtuale, che allontana i giovani dalla comunicazione in presenza, faccia a faccia, che è la sola che conta, tutti costoro, dicevamo, smetteranno finalmente di pensare che la realtà virtuale non incroci già quella “reale” in ogni momento.
Il sopra ricordato Derrick de Kerckhove, il filosofo canadese allievo del padre dei padri della massmediologia, Marshall Mc Luhan, ricorda spesso che mentre tutti sanno che il suo maestro è quello che ha detto che «il mezzo è il messaggio», molti meno sono coloro che si sono soffermati sull’altra sua - e ben più attuale, e ancor più radicale - previsione: «Nell’età elettrica [noi oggi diremmo «dell’elettronica»] indosseremo l’intera umanità come fosse la nostra pelle». Il libro cui appartiene la citazione (Undestanding media, the extensions of man) è del 1964. E all’inizio si legge: «Nell'era elettrica [dell’elettronica], quando il nostro sistema nervoso centrale sarà tecnologicamente esteso tanto da coinvolgerci nell’intera umanità e, viceversa, da incorporare l'intera umanità in noi, noi saremo necessariamente coinvolti, in profondità, nelle conseguenze di ogni nostra azione. Non sarà più possibile adottare il ruolo distaccato e dissociato del letterato occidentale [come lo pensiamo oggi, 1964]».
Sono già due CES (la fiera internazionale dell’elettronica di consumo, che si tiene a Las Vegas) che l’elettronica indossabile (wearable technology) la fa da padrona. Dunque, che mai avrà detto di così spiazzante Erich Schidt? Come titolava Wired (US Edition) il 17 agosto 2010: The Web Is Dead. Long Live the Internet (Internet è morto. Viva lnternet). A firmare l’intervento furono Chris Anderson e Michael Wolff. Più in alto di loro - soprattutto del primo - solo in pochi.