L'amaro sfogo di un poliziotto «Perché li lasciano andare subito?»

Lo sfogo di un rappresentante delle forze dell'ordine, uno dei numerosi uomini che, quasi quotidianamente, accompagnano in tribunale un arrestato che vedono poi, quasi sempre, tornare in libertà. Parole captate fuori da un'aula del palazzo di giustizia, a testimoniare la profonda amarezza e lo sconcerto di chi si ritrova alle prese con norme troppo permissive o con l'interpretazione troppo garantista delle stesse. Insomma, polizia e carabinieri arrestano i criminali, ma troppo spesso i magistrati, codice penale alla mano, li scarcerano.
«Prima di tutto una doverosa premessa - chiarisce il nostro interlocutore -: noi siamo dei servitori dello Stato e per questo le decisioni dell’autorità giudiziaria si rispettano. Sempre. Anche quando sembrano incomprensibili e inaccettabili. Detto questo, non posso non sottolineare che le forze dell’ordine provano amarezza e sconcerto davanti ad alcune decisioni. Da rappresentante delle forze dell’ordine ho qualche difficoltà a capire come l’autorità giudiziaria possa pronunciare alcune sentenze. Sicuramente è necessario qualcosa di più. Sicurezza, giustizia e carcere o viaggiano sulla stessa linea, oppure c’è il rischio che si deragli e venga meno il patto tra lo Stato e i cittadini».
«Ho letto un'interessante intervista a Felice Romano, segretario generale del sindacato di polizia Siulp e sono totalmente d’accordo con lui quando afferma che è necessaria una commissione d’indagine del Parlamento per accertare se il sistema funziona, se cioè le norme e le sanzioni siano adeguate e soprattutto se poi a una sanzione teorica corrisponda successivamente una sanzione reale. Per quanto riguarda i criminali stranieri, io sono convinto che il nostro Paese deve lavorare per l’integrazione, che presupponga, però, l’accettazione delle regole del Paese in cui si entra. Quando non si rispettano queste regole, allora si deve essere espulsi o andare in galera».
Il rappresentante delle forze dell’ordine si sofferma, infine, sulla vicenda dell'uomo della Guinea-Bissau che qualche settimana fa ha aggredito con un coltello un poliziotto alla stazione centrale di Milano e due giorni dopo è tornato in libertà. «Il suo rimpatrio è stato un atto positivo, anche perché è stato fatto rapidamente. Ma non è pensabile che due giorni dopo un fatto così grave una persona ritorni in libertà».