cade sempre in piedi

Un'altra volta vivo per miracolo Lapo restituisce la buona sorte

Un'altra volta vivo per miracolo Lapo restituisce la buona sorte
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Una cosa è certa: la normalità non fa per lui. Fin dal nome, Lapo, che mamma Margherita (Agnelli) e papà Alan (Elkann) hanno voluto dargli quel 7 ottobre 1977 nella clinica di New York dov’è nato. Ne giorni scorsi Lapo ne ha combinata un’altra delle sue: un misterioso incidente in auto in Israele, dal quale è uscito vivo per miracolo, dopo essere stato in coma per qualche giorno. Silenzio totale sull’accaduto, fin quando il Corriere della sera non ha intercettato la notizia. Nel frattempo lui era volato in convalescenza in Svizzera, e da lì ha iniziato a gestire con l’abilità che tutti gli riconoscono la questione mediatica dell’accaduto. Perché quale sia stata la dinamica dell’incidente resta un mistero; e il fatto che ogni notizia in merito sia stata bloccata lascia pensare che ne abbia combinata un’altra delle sue. Ma Lapo è bravissimo a ribaltare lo scandalo eventuale in belle notizie. Così di quella disavventura alle cronache è passata solo la favola di ciò che ne è seguito: i medici bravissimi, una gratitudine alla buona sorte e a Dio in particolare, preghiere per chi ha visto soffrire nei letti vicini al suo, un proposito proclamato ai quattro venti di gettare risorse ed energie a favore degli altri, lavorando per la Onlus che lui stesso ha fondato. Anche quella non poteva essere una cosa normale. Si chiama Fondazione Laps, che vuol dire Libera accademia progetti sperimentali. «LAPS» ha spiegato Elkann nel coro di una videochiamata al Corriere della Sera dal suo rifugio svizzero, «si occupa proprio di questo. Lavora sulla dislessia, lavora sull’iperattività, lavora sui problemi legati alla dislessia, sui problemi legati all’iperattività, su problemi legati agli abusi e si occupa proprio di riportare, di ridare e di ridonare il sorriso e la felicità a bambini e ad adolescenti che non hanno le stesse possibilità e opportunità e privilegi che ho avuto io nella mia vita».

 

Lapo cade sempre in piedi. Anche quando le cadute sono rovinose, come quella dell’ottobre 2005 quando finì in overdose nel corso di un’orgia, salvato da un transessuale che lo depositò sulla porta di un ospedale torinese. Gli andò bene anche quella volta. Se ne andò dall’Italia per disintossicarsi e per sfuggire alla morsa dei media: dovette lasciare il suo incarico in Fiat, dove non era un semplice raccomandato, visto che era stata sua l’idea geniale di rilanciare la mitica 500. Quando tornò dopo un paio di anni, ripartì, vulcanico come sempre. E sempre pronto a farsi vedere in vetrina con idee che costringono tutti gli altri a inseguire o a stare a guardare. Questa volta l’idea sono stati due semplici tweet uno per elogiare il fratello John, protagonista della storica fusione con Peugeot. L’altro per papa Francesco, per applaudire alla sua decisione di togliere il segreto pontificio dalle inchieste sui casi di pedofilia all’interno della Chiesa. Lui si proclama parte interessata in quanto aveva raccontato di essere stato vittima di tentativi di violenza da ragazzino in un collegio di gesuiti. Ma i gesuiti hanno smentito di averlo mai avuto come allievo. Lapo però è sempre bravo a farsi perdonare tutto. E anche questa volta è andata così. Come lui dice sempre di se stesso, «il caso, che distribuisce le carte per il poker della vita, a me ha dato una scala reale. Ma se non la so giocare perdo tutto alle prime mani».

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