L'assurdo sistema dei vitalizi politici (aspettando che vengano aboliti)

Nel gergo bizantino della politica italiana ci era sempre sfuggita una parola: autodichia. Si può sfidare chiunque a spiegare cosa significhi, eppure è una parola molto pesante. Autodichia significa in soldoni che Camera e Senato godono di un’assoluta autonomia nel determinare i propri regolamenti interni. In questo ambito rientrano anche i famosi vitalizi: cioè l’assegno mensile che viene percepito da deputati e senatori sinché sono in vita a partire dal compimento del 65esimo anno di età se hanno almeno cinque anni di mandato e che era in vigore prima della riforma del 2012. Una situazione di privilegio che diventa privilegio al quadrato se si pensa che il calcolo di questa pensione per i parlamentari non segue il metodo contributivo come dal 1996 succede per tutti gli italiani, ma il vecchio retributivo (sino al 2012, quando è stato adottato il contributivo). In sostanza si finiscono con il ricevere soldi che nella maggioranza dei casi non sono mai stati versati.
Se ne torna a parlare perché alla Camera sta per approvare un testo di legge presentato da Matteo Richetti del Pd e che prevede di ridisciplinare i vitalizi secondo il principio contributivo. Ovviamente la pressione dei 5Stelle ha fatto sì che i partiti si siano mossi per evitare che l’iniziativa passasse nelle mani di Grillo. Ma i mal di pancia sono tantissimi e il rischio che al Senato il provvedimento non passi sono molto reali. Oltretutto in virtù di quel principio di autodichia potrebbe anche accadere che la corte giudichi anticostituzionale questa riforma. Insomma siamo ancora in acque incertissime, a dispetto delle dichiarazioni di principio in cui tutti si dicono d’accordo con la sforbiciata.
L’offensiva contro i vitalizi ha un grande alleato esterno, ed è il presidente dell’Inps Stefano Boeri. Il quale, pur essendo “l’ufficiale pagatore”, non aveva accesso alle regole applicate nel calcolare i vitalizi né al dato dei contributi versati. Gli uffici accampavano l’obbligo di tutela della privacy. Alla fine Boeri è riuscito ad ottenere i dati complessivi e su quella base ha fatto delle proiezioni: in questo momento i parlamentari ricevono somme medie del 40 per cento superiori agli effettivi contributi versati. Come ha rivelato il Corriere della Sera, oggi ci sono 2600 vitalizi in corso, che costano alle casse pubbliche 193milioni di euro l’anno. Una cifra sottostimata, che contempla altre voci accessorie. Per questo Boeri un anno fa in audizione alla commissione Affari istituzionali aveva lanciato l’allarme: a bocce ferme la spesa per i vitalizi «è destinata ad eccedere anche nel prossimo decennio di circa 150 milioni l’anno i contributi versati da deputati e senatori». Per questo per Boeri è necessario arrivare ad un ricalcolo sulla base del principio contributivo: questo porterebbe a un risparmio di 76 milioni l’anno, con tagli che riguarderebbero il 96 per cento degli interessati. Anche l’operazione di ricalcolo ha un costo, e la commissione Bilancio ha detto che questo ricadrebbe sull’Inps. Boeri ha ribattuto che l’Inps lo farebbe a un prezzo simbolico di un centesimo per vitalizio. Certamente non ha nulla da perdere...