«Non producono risultati immediati»

Le facoltà umanistiche non rendono Il Giappone taglia i finanziamenti

Le facoltà umanistiche non rendono Il Giappone taglia i finanziamenti
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Un titolo del Japan Times suona: «Le sovvenzioni statali usate come incentivi per spingere le università statali ad ottimizzare la loro produttività affossano le materie umanistiche». “Incentivi” è detto con “carrot”, carota, noto fittone che nella nota metafora evoca il bastone. La carota sono i soldi dello Stato, la mazzata si ha quando li tolgono. In sintesi: il governo nipponico ha deciso che l’università deve produrre risultati immediatamente verificabili. Vuole prodotti finiti in tempi brevi, da gettare immediatamente nella mischia. Gli studiosi di materie umanistiche non rientrano nel profilo: le materie umanistiche non ci interessano.

Ovvio che il governo non si esprime in questi termini: dice soltanto che le università possono continuare fin che vogliono ad insegnare letteratura, storia dell’arte e filosofia, ma che non avranno per queste humanieties il becco di un quattrino. La disposizione, si precisa, non è vincolante (“nonbinding”), ma dato che il contributo statale alle università costituisce mediamente il 40 percento del loro budget si intuisce per quanto tempo ancora continueranno a sussistere i dipartimenti ritenuti improduttivi dall’Amministrazione Abe.

 

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Il quale Abe, presentando lunedì sera l’ultima versione del suo "Abenomics" ha insistito sul fatto che il compito più importante che le università dovranno assumersi nei prossimi anni consisterà nel «costruire un sistema per la produzione di risorse umane che rispondano alle esigenze della società agganciandolo in maniera sempre più precisa e accurata ai cambiamenti del sistema industriale e alle richieste di personale» in grado di farlo funzionare. Dunque: prodotti finiti, costruiti velocemente, in grado di funzionare in una fase determinata del processo produttivo, adattativi rispetto alle esigenze di macchinari e strutture in continua modifica.

L’altro giorno, sempre a proposito del Giappone, è girata la notizia del primo albergo interamente gestito da robot, salvo - sembra - per l’aspetto del cambio della biancheria nelle stanze. Detti robot sono stati sviluppati dall’università di Osaka e prodotti dalla Kokoro, che le nostre bambine alle elementari conoscono come licenziataria del marchio Hello Kitty. L’impero che fu dei Samurai si avvia dunque ad assumere una struttura sociale composta da persone in grado di produrre robot - perché anche gli umani non-robot verranno prodotti, e dunque finiranno per pensarsi come tali - e inservienti di basso livello. Uno scenario già prefigurato nel film Gattaca.

 

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Preoccupato che esso possa diventare realtà, il professor Masayuki Kobayashi, dell’Università di Tokyo, la più importante del Giappone e quella che riceve la quota più ampia di finanziamenti, ha detto che il fatto di riconoscere che i dipartimenti di discipline umanistiche non sono configurati in modo da produrre risultati a breve termine di cui possano beneficiare le industrie, la finanza o il commercio non comporta di necessità che essi debbano essere soppressi. «I benefici generati dalle humanities dovrebbero rientrare tra quelli a lungo termine» ha ribadito Kobayashi se non altro perché ci vuole molto tempo e molto studio per raggiungere livelli di eccellenza nelle loro discipline. E ad investirne la società.

Gli ha fatto eco Susumu Satomi, presidente dell’Associazione Nazionale delle Università Giapponesi, preoccupato soprattutto del diffondersi dell’idea che valga la pena di essere studiato solo ciò che dà risultati a giro di posta. La missione delle università, pensa Satomi, è quella di tirar su gente in grado di produrre o comunque di favorire il raggiungimento di significativi risultati nel corso degli anni. Come dargli torto. Soprattutto pensando ai danni che hanno prodotto nel mondo - per esempio in ambito bancario, con le devastanti “trimestrali” - le continue riduzioni dei tempi di verifica dei risultati.

Spremere un giocatore o un cavallo o una macchina, per ottenerne il massimo nel tempo più breve possibile equivale a produrre motori - quelli dei siluri, ad esempio - privi di sistemi di raffreddamento. Quel che si ottiene in questo modo - anche nel caso fortunato in cui si sbagli il bersaglio - è solo l’aumento esponenziale dei rottami in giro per il mondo. Non si stupisca poi il ministro Abe se nel suo Paese aumenteranno a dismisura i casi di alcoolismo e di suicidio. Chi pensa in tempi medio-lunghi, infatti, è in grado fin da subito di prevedere che finirà così.

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