Irriducibile attaccamento alla vita

Le mamme Forti Guerriere di Napoli che ci regalano ancora speranza

Le mamme Forti Guerriere di Napoli che ci regalano ancora speranza
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Associazione Donne Forti Guerriere del Rione Sanità: hanno un nome che dice tutto. Sono le mamme del quartiere più popolare di Napoli che da due giorni si ritrovano davanti ai cancelli dell’Ospedale Santobono, dove, nel reparto di Rianimazione, la piccola Noemi sta lottando per continuare a vivere. Piccola guerriera anche lei. Noemi è la bambina che venerdì scorso, in piazza Nazionale, è stata colpita da un proiettile durante un regolamento di conti tra malavitosi. Si ritrova con un polmone perforato. «È una ferita brutta, una ferita di guerra», hanno detto i medici che l’hanno operata e che ora giudicano la sua situazione molto grave ma stazionaria.

 

 

Proprio per questo, proprio perché ora è il tempo che deve dire se Noemi è in grado di resistere, che le mamme si sono date appuntamento, in modo silenzioso, davanti al cancello. Hanno issato uno striscione con la scritta “Noemi lottiamo con te”. Poi un grande cuore e la firma: “Forti Guerriere”. Si ritrovano in cerchio, con delle candele in mano in questo maggio freddo anche nella capitale del sole. E smozzicano preghiere, per dimostrare la loro vicinanza a papà Fabio e a sua moglie, ma soprattutto per accompagnare con il loro animo irriducibile Noemi in questa sua dura battaglia. Sono insieme, come erano insieme le mamme che un tempo abitavano nello stesso cortile. Non hanno bisogno di social per ritrovarsi o per farsi conoscere. Sono donne normali, non delle eroine; donne che obbediscono a un istinto che più materno non si può: mettersi insieme perché insieme si è più forti, anche nel gesto semplice di una preghiera. La loro preghiera è come un tam tam che sale al cielo ma che rimbalza per la città; come un’onda che vuole spingere quella bambina che oggi è allo stremo delle sue povere forze…

 

 

Chissà che preghiera hanno detto e dicono quelle mamme, figlie anche loro si una stagione in cui la memoria si è tutta sfilacciata. Ma non importa saperlo. Importa quel gesto che in un contesto inselvatichito, dove la paura rischia di schiacciare la vita di ciascuno come un ulteriore proiettile vagante, e che si rivela come un gesto di coraggio semplice ma contagioso. Più di tanta retorica racconta di un attaccamento al quotidiano; di una volontà di non cedere ai ricatti dei violenti. Si definiscono “guerriere” (un termine coniato da Elisabetta Ambrosi, che aveva titolato così un suo libro dedicato alle «nuove mamme italiane»); non si chiudono in casa, non accettano il fatalismo di cui sono tante volte colpevoli i loro mariti. Vogliono un futuro per i loro figli, per questo si sentono guerriere: non perché abbiano da difendere dei loro i diritti, se non quello di poter veder crescere i propri bambini. Non cercatene traccia su Facebook o sui social, non troverete nulla. Le mamme Forti Guerriere non sono creature virtuali, ma fortunatamente sono molto reali. Sono armate di palloncini, di grandi cuori ritagliati nella carta rossa e di candele. Ma hanno dalla loro un irriducibile attaccamento alla vita, l’unica “arma” su cui contare per rispondere alla follia dei pistoleri da strada.

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