Oggi drogarsi è una moda giovane che costa meno di un Big Mac

L’estate 2015 sta facendo riesplodere un’emergenza che sembrava appartenere al passato. O sulla quale, in assenza di morti che fanno clamore, era sceso il velo della dimenticanza. L’ultimo dramma è quello di Ilaria Boemi, ragazza di 16 anni, morta per una pastiglia di ecstasy sulla spiaggia di Messina nella notte tra domenica e lunedì. Ma già l’estate aveva contato due vittime, sempre per overdose, in due grandi discoteche, il Cocoricò di Riccione e il Guendalina nel Salento.
Insomma, dentro o fuori le piste da ballo, i giovani continuano ad usare in modo smodato di sostanze che non conoscono e che sono ormai a portata di tutte le tasche. Infatti la vera, drammatica questione che viene elusa è quella della accessibilità delle nuove droghe. Non sono più i tempi dell’eroina che costringeva ad una vita randagia di furti per pagarsi la dose. Oggi bastano i 20 euro che la mamma di Ilaria le aveva dato prima che uscisse per procurarsi lo sballo. «Per fare una notizia degna delle cronache nazionali deve morire un giovane», spiega Riccardo Gatti, medico, esperto dipendenze patologiche e direttore del Dipartimento Dipendenze della ASL di Milano. «Meglio se a morire è un minorenne, e possibilmente in un luogo del divertimento, meglio una discoteca».
Gatti nella sua frequentatissima pagina internet da anni sollecita tutti, dati alla mano a non alzare la guardia. «La droga sintetica negli Usa insidia il primato della cocaina e costa meno di un Big Mac», ha avvertito con un post a fine luglio. «Non ci si salva con gli elenchi che improvvisamente spiegano, anche a chi non lo sapeva, che ci si può drogare con Cannabinoidi sintetici, Catinoni, Ketamina, Feniletilammine, Piperazine, Acido gamma-idrossibutirrico o GHB, Amfetamine sintetiche, Dietilamide dell’acido lisergico, Fenciclidina o PCP, Sostanze psichedeliche, Cocaina, Eroina, Triptamine, Popper, Cannabis, Smart drugs, La pillola di Facebook, Krokodil e le droghe da sniffare». Un elenco a cui bisogna poi aggiungere «i farmaci che ben si prestano allo scopo oppure si possono mischiare sostanze diverse di origine naturale o sintetica, tra cui l’alcol, per ottenere effetti imprevedibili».
Il fenomeno droga, da quando è diventato sociologicamente meno rilevante, non è in realtà diminuito nei numeri e negli effetti. Sono solo cambiate le ragioni che spingono un ragazzo a provare. Ciò che fa la differenza, oggi rispetto al passato, è la trasformazione delle stesse in beni di consumo con produttori e distributori che, attuando tecniche promozionali assolutamente simili a quelle utilizzate per questo tipo di beni, sono in grado di amplificare nei singoli e nella collettività, bisogni che non avrebbero ragione di esistere.
Il passaggio poi dal consumo all’abuso, specie in un’età in cui si cerca sempre l’esperienza del rischio, è davvero sottile. Anche il proliferare di molecole nuove che vengono immesse sul mercato, per poi spesso essere intercettate e proibite, fa parte di questo nuovo profilo della droga come esperienza non ripetitiva. Si va alla ricerca di ciò che non è stato ancora mai provato. Il mercato conosce bene questi meccanismi piscologici e provvede a proporre sempre nuove frontiere.
Proibire serve a poco. Forse serve di più informare, come ha fatto quel ragazzo inglese la cui vita è stata acciuffata per un capello dopo un’overdose e che ha autorizzato a postare su Internet la sua foto tutto incubato e con la faccia stravolta, come avvertimento ai suoi amici.