Mala burocrazia

Le parole che dovrebbero proibire agli impiegati degli uffici pubblici

Le parole che dovrebbero proibire agli impiegati degli uffici pubblici
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Negli uffici pubblici si dovrebbe vietare una risposta: «Ripassi domani». Antefatto. Una signora ha la necessità di procurarsi il certificato di residenza di quattro persone che confinano con la casa che intende ristrutturare, per avvertirle dei lavori.

Si rivolge allo sportello certificati del Comune a Palazzo Uffici e chiede informazioni alla reception, dove le viene dato un numero di attesa e detto: «Attenda la chiamata, guardi sul tabellone». La signora entrata nel salone attende. Dieci minuti. Venti minuti. Mezz’ora. Escono tutte le lettere ma mai la sua “E”. E intanto sta scadendo il parcheggio: decide di uscire e di tornare al pomeriggio (con i mezzi pubblici). Alle 15.15 c’è meno gente. Prende il nuovo numerino e si siede.

Poco prima della chiusura, prevista alle 15,45, viene chiamata e si avvicina sorridente allo sportello; l’impiegato esamina i documenti e dice: «No, guardi, non ce ne occupiamo noi, deve tornare alla reception». La signora torna e l’addetto le risponde: «Ma è sicura che non sia lo sportello giusto?». Poi sparisce e torna dopo qualche minuto con un collega che parlava un “italiano statale” il quale le dice: «No, guardi, doveva andare a un altro sportello. Adesso però è chiuso, torni domattina e vada al 25, non al 22».

La signora fa notare che l’indomani avrebbe dovuto lavorare. «Torni nel pomeriggio». «Lavoro anche al pomeriggio». «Allora torni venerdì mattina». «Lavoro, potrei venire al pomeriggio». «No guardi, il pomeriggio forse è chiuso, lei chieda, comunque io non ci sarò».

Negli uffici pubblici si dovrebbe vietare una risposta: «Ripassi domani».

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