Le pompe funebri al limite: chiesta un'unità di crisi per gestire i cadaveri
Il Centro Funerario Bergamasco ha scritto a Prefetto, direttore dell'Ats e Protezione Civile: «Troppi morti, non reggiamo. Anche i forni crematori sono al collasso»
Bergamo sta vivendo giorni tragici. A qualcuno potrà sembrare un'affermazione esagerata, ma sono i fatti a dimostrarlo. Le sirene delle ambulanze che vanno e che vengono a ogni ora del giorno e della notte, le bare ammassate al cimitero. Sono suoni e immagini che fanno male, ma che è giusto riportare (a nostro parere) per prendere piena coscienza di ciò che stiamo vivendo e per fare in modo che tutti facciano la loro, anche piccola, parte per fare in modo che tutto ciò finisca quanto prima.
A conferma di tutto questo, la lettera che il 12 marzo il Centro Funerario Bergamasco ha scritto a Prefetto, direttore dell'Ats e Protezione Civile, nella quale si chiede immediato supporto per la gestione dell'elevato numero di decessi. Il Centro Funerario Bergamasco ha sede a Ranica ed è una delle più grandi e importanti agenzie di pompe funebri del territorio. Riportiamo il testo integrale della lettera, drammatico, che tocca diversi punti di rilevanza, tra cui quello dei decessi in corso in molte case di riposo del territorio, dove purtroppo spesso non si ha nemmeno tempo e modo di seguire le procedure legate alla limitazione del contagio (fosse anche soltanto il tampone post mortem).
«La presente per segnalare che stiamo vivendo una situazione di emergenza totale, siamo un'azienda in grado di gestire 1400/1500 servizi annui, ci siamo trovati a doverne gestire circa 300 solo negli ultimi dodici giorni con un incremento incredibilmente esponenziale.
Nella provincia di Bergamo ci sono alcune strutture sanitarie, esempio Ospedale Papa Giovanni, Cliniche Gavazzeni, Ospedale di Seriate, al cui interno avviene il maggior numero di contagi con tantissimi decessi impossibili da gestire.
Nelle case di riposo poi, solo ad esempio istituto Piccinelli Scanzorosciate e Istituto palazzo Torre Boldone, non vengono certificati i decessi da Coronavirus, non vengono effettuati i tamponi e di conseguenza i defunti non vengono trattati adeguatamente. Le Direzioni Sanitarie degli Istituti cercano di fare quello che possono, ma non c'è una direttiva comune da seguire e i focolai sono continui. Tra ieri e oggi (11 e 12 marzo, ndr) c'è stato un picco elevatissimo di decessi, ormai ne abbiamo almeno 50/60 al giorno.
Il personale è allo stremo delle forze, lavorano praticamente 24 ore al giorni quasi in assenza di DPI, introvabili sul territorio italiano e internazionale. Richiediamo pertanto che venga immediatamente attivata un'unità di crisi che ci aiuti a gestire i cadaveri. Alcune altre imprese della zona hanno già chiuso perché tutti malati.
Una possibile soluzione sarebbe quella di avere all'interno di ogni struttura personale ausiliario e mezzi che possano provvedere al trasporto dei defunti dai reparti alle camere mortuarie, in quanto i sanitari sono già impegnati a tentare di salvare vite umane e non hanno tempo. Noi non possiamo fornire tanti mezzi, abbiamo necessità che tale personale ausiliario possa incassare e trasportare le salme presso i cimiteri o luoghi idonei adibiti, in attesa della cremazione. Anche i forni crematori sono al collasso, entro due giorni tutti i forni del Nord Italia non accetteranno più salme provenienti da altre province, lo scenario è veramente drammatico.
Probabilmente, in assenza di decisioni immediate, anche la nostra società che fornisce un servizio pubblico essenziale si vedrà costretta a chiudere i battenti, perché non saremo più in grado di affrontare una tale emergenza. Il personale è stanco e comincia ad avere paura, i fornitori non possono venderci i dispositivi perché per decreto la priorità è delle strutture sanitarie e quindi lavoriamo in totale assenza di sicurezza.
Restiamo in attesa di vostre urgenti disposizioni, sse attiverete o meno questa unità di crisi. Rimaniamo a completa disposizione per un tavolo di confronto.
Distinti saluti».