Le proposte del consigliere regionale dem Scandella su medici di base e tamponi
«Apriamo la possibilità di esercitare la professione anche ai laureati che non hanno la specializzazione ma hanno già prestato servizio all’estero o in strutture private o negli ospedali per tre anni»
C’è un vero e proprio allarme per la carenza di medici di base in provincia di Bergamo. Jacopo Scandella, consigliere regionale del Pd, ha lanciato una proposta: «Apriamo la possibilità di esercitare la professione di medici di base anche ai laureati che non hanno la specializzazione ma hanno già prestato servizio all’estero o in strutture private o negli ospedali per tre anni». È stata l’Ats di Bergamo a denunciare il problema: «È una situazione straordinaria che necessita di misure straordinarie e urgenti – aggiunge il consigliere dem –. Per i medici di base è allarme rosso e questo, date le condizioni della nostra provincia a seguito dell’emergenza Covid, non è sostenibile».
Perciò, per Scandella, «adesso è urgente recuperare al più presto medici di base ovunque sia possibile. Oltre agli specializzandi e all’incentivo verso gli studi associati che possono garantire continuità del servizio, potrebbero essere impiegati quei medici che, pur non avendo la specializzazione, hanno già operato in strutture pubbliche e private in Italia e all’estero per almeno tre anni». Non solo: affiancando ai medici di base una rete di infermieri di famiglia capaci di mantenere un rapporto costante con i pazienti e offrire quel supporto e quella vicinanza, anche a livello di cure domiciliari indispensabili, per l’esponente Pd si aiuterebbe a risolvere «il problema dell’assistenza territoriale. D’altra parte, i soldi ci sono, a partire dai 427 milioni di euro stanziati dal Governo per la Lombardia: bisogna solo fare tutto il possibile per non lasciare scoperti interi territori soprattutto con un autunno alle porte nel quale dovremo tenere l’attenzione altissima».
Scandella affronta anche il tema dei tamponi e della cura domiciliare per prepararsi adeguatamente all’autunno: «Dobbiamo essere in grado di fare almeno 50mila tamponi al giorno in Lombardia e dare la possibilità a pediatri e medici di base di effettuarli in ambulatori dedicati e molto diffusi sul territorio. A questo proposito, ricordo che il Veneto è attrezzato per 25mila e ha proprio la metà della nostra popolazione. Siamo sicuri che se solo Regione Lombardia lo volesse, con la potenza di fuoco sanitaria che ha a disposizione, potrebbe riorganizzare i servizi e coprire ad ampio raggio tutte le necessità dei nostri territori».