L'indignazione della popolazione

Le statue abbattute dei Confederati L'ultimo dilemma politico degli Usa

Le statue abbattute dei Confederati L'ultimo dilemma politico degli Usa
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Nel 1989 era toccato alla Russia e soprattutto ai Paesi liberati dal giogo sovietico far pulizia di monumenti diventati simboli odiati. Ora anche gli Stati Uniti fanno i conti con un lato oscuro del loro passato che ancora viene però celebrato in centinaia di piazze. Il fatto scatenante è stato l’attacco a un corteo antirazzista in Virginia, a Charlottesville: un’auto lanciata contro i manifestanti aveva causato tre morti.

Il corteo di Charlottesville. All’origine degli scontri c’era stata proprio la vicenda legata alla statua di un eroe sudista. Un gruppo di nazionalisti bianchi aveva marciato con le torce accese, come ai tempi dei linciaggi del Ku Klux Klan. Il loro obiettivo era il campus dell’Università fondata dall’ex presidente Jefferson in questa cittadina della Virginia, dove durante la Guerra Civile il 52 per cento degli abitanti erano schiavi. Ad aprile il Consiglio comunale aveva votato la rimozione della statua del generale Lee, che ancora orna l’Emancipation Park, e i suprematisti erano arrivati in città proprio per protestare contro questa decisione. Per contrastare la loro iniziativa era stato organizzato un corteo opposto, che poi è diventato il bersaglio dell’auto lanciata nella folla.

 

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La febbre da rimozione monumenti. Ma quei fatti si sono trasformati in una scintilla che ha riaperto una vicenda che sopiva da decenni. Immediatamente decine di sindaci delle città del sud hanno riaperto i dossier dei monumenti che celebrano i campioni del secessionismo americano (che coinvolse 11 Stati del sud). Sono stati anche censiti da un’organizzazione, la Southern Poverty Law Center. In tutto sono stati identificati 1503 simboli in spazi pubblici non solo negli Stati del sud, inclusi 718 monumenti e 109 scuole dedicate a eroi degli Stati confederati che nel 1861 si erano staccati dagli USA. A partire dalla notte del 13 agosto, la febbre ha contagiato tutti i sindaci del sud anti Trump, a cominciare da Baltimora, dove in sole 24 ore sono stati rimossi quattro monumenti. Ovviamente la rimozione è legata al fatto che i confederati erano rigidamente schiavisti e razzisti. Infatti la classe egemone del sud (e in particolare della Virginia orientale produttrice di tabacco, e del profondo sud dove si produceva cotone) era composta da piantatori proprietari di schiavi. Tutti i leader secessionisti possedevano schiavi a loro volta. Quindi avere le loro effigi in mezzo alle piazze è qualcosa che nel 2017 oggettivamente solleva indignazione della popolazione nera.

 

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Ma la statua è ancora lì. Intanto la monumentale statua a cavallo in bronzo del generale Robert E. Lee che campeggia al centro dell’Emancipation park di Charlottesville è ancora al suo posto anche se il Comune ne ha deciso la rimozione già a febbraio. I giudici hanno concesso sei mesi per valutare le ragioni di chi si oppone alla rimozione. Curiosità vuole che la statua sia stata realizzata da un artista di New York, Henry Shrady, che è famoso per aver progettato il monumento al più grande oppositore del generale Lee nella Guerra civile, Ulysses S. Grant, oggi al Campidoglio di Washington. Quando morì fu un italiano a completare l’opera. Si chiamava Leo Lentelli.

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