«Licenziamento discriminatorio» Il caso grave di Aretè, che tace

I clienti e le persone vicine alla cooperativa chiedono un incontro pubblico, i media una dichiarazione ufficiale, ma da Aretè tutto tace. In quel della cascina di Torre Boldone non fa certo piacere che sia venuta a galla la questione dei licenziamenti avvenuti il mese scorso di due figure importanti, entrambi soci lavoratori, che si occupavano in particolare del lato agricolo dell’attività della cooperativa sociale. A far conoscere ai più la vicenda, un volantino dai toni duri, distribuito per le vie di Bergamo in occasione della manifestazione del Primo Maggio da un piccolo gruppo di volontari. «Parlano di solidarietà e mutualità ma eliminano i lavoratori ritenuti scomodi» si leggeva sul foglietto, nel quale veniva poi posta una domanda retorica al lettore: «Tu compreresti ancora da chi parla di sociale ma calpesta i diritti di chi lavora?».
La questione, molto delicata, è ora passata nelle mani della Flai Cgil (sindacato per i lavoratori agricoli) in persona del funzionario Gianbattista Locatelli, che ha seguito la pratica legata ad uno dei due licenziamenti, ovvero quello di Dario Teani, 37 anni, padre di tre figli e lavoratore agricolo che da circa tre anni era socio lavoratore di Aretè. «La questione è molto delicata - spiega Locatelli -, ma ciò che noi contestiamo alla cooperativa è la sproporzione tra la presunta condotta imputata al lavoratore e la sanzione comminata, ovvero l’esclusione da socio e, dunque, il conseguente licenziamento. Abbiamo richiesto e tenuto con urgenza un incontro, ma la cooperativa non è voluta tornare sui suoi passi. La pratica è quindi passata al funzionario dell'ufficio vertenze Diego Verdoliva». Teani, stando ai documenti riguardanti il licenziamento, sarebbe stato messo alla porta per una discussione con un collega avvenuta settimane prima, per futili motivi e fuori dall’orario di lavoro: «Un normale confronto tra persone adulte e senza che ricorra neppure l’elemento della recidiva, visto che è stato il primo e unico confronto e la prima contestazione disciplinare per il lavoratore - spiega Locatelli -. Il problema è che la cooperativa non può decidere, per un fatto del genere, di licenziare un lavoratore. Il contratto nazionale nel quale sono inquadrati i suoi dipendenti prevede una casistica specifica, chiara, una sorta di “graduatoria” di comportamenti ritenuti gravi e che possono determinare delle sanzioni. Un fatto del genere è talmente lieve da prevedere al massimo un richiamo scritto. Il licenziamento è sproporzionato rispetto al presunto fatto avvenuto».
Stando alla Flai Cgil, nonostante tutti i tentativi di mediazione effettuati con Aretè, la cooperativa non ha voluto saperne di tornare sulla propria decisione e rifiutato qualsiasi tipo di accordo con il lavoratore. Ma c’è di più. Pochi giorni prima di ricevere la lettera di richiamo con cui il lavoratore è stato escluso da socio e, nei fatti, licenziato, il lavoratore era anche stato nominato, con regolare assemblea e votazione di 14 persone, Rls, ovvero Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Teani, secondo la propria versione, aveva fatto più volte presente al Cda della cooperativa le evidenti lacune in termini di sicurezza presenti nei campi, in particolare se si considera che Aretè svolge anche attività di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, con problemi psichiatrici e di detenuti. Nonostante queste comunicazioni, però, i vertici della cooperativa non avrebbero mai risposto. Per questo il lavoratore, facendo valere un proprio diritto sindacale, ha indetto regolare assemblea ed è stato nominato Rls. Stando alle parole di persone vicine ad Aretè, proprio questa sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, portando alla rottura tra una parte della cooperativa, di cui faceva parte anche Teani e che chiedeva di poter avere maggior peso nelle decisioni relative al futuro di Aretè, e i vertici della coop stessa, in particolare gli altri membri del Cda e il presidente Paolo Catini (il quale si è reso disponibile a fornire una propria versione dei fatti ma non ha ancora incontrato noi di BergamoPost). In tal senso andrebbe letto anche l’addio alla cooperativa della direttrice, la quale si era schierata dalla parte di Teani e che ora sta trattando la sua uscita da Aretè con l'ufficio vertenze Cgil.
Non stupisce, dunque, che il sindacato abbia aperto una pratica legale nei confronti della cooperativa sociale per fare accertare al giudice del lavoro se si tratti di un caso di licenziamento discriminatorio. Non una cosa da poco, a cui si aggiungerebbero anche le questioni legate alla sproporzione della sanzione comminata al lavoratore e di presunte violazioni nell’iter seguito per il licenziamento. Oltre a Teani, anche il responsabile agricolo della cooperativa è stato lasciato a casa dopo circa dieci anni di rapporto, mentre a una dipendente assunta a tempo determinato non è stato rinnovato il contratto. Nulla di illegittimo, ma va sottolineato come questa fosse una delle testimoni del presunto scontro verbale avvenuto tra il trentasettenne e un altro socio lavoratore della cooperativa e che ha poi portato al licenziamento.
È quindi evidente come la questione sia molto delicata, anche perché pare che la Cgil si stia muovendo su di un ulteriore problema: seguendo il caso di Teani, sembra essere venuta a galla anche un’ipotetica minor contribuzione sociale da parte di Aretè. La questione è sulla scrivania dell'ufficio vertenze Cgil e ci vorrà ancora qualche tempo perché venga messa bene in luce, ma la situazione è preoccupante. La cooperativa, si suppone per un banale quanto grave errore contabile, avrebbe versato a Teani dei contributi non in linea con quelli previsti dal contratto di assunzione, con evidenti danni nei confronti dell'ex lavoratore in termini di contributi pensionistici. Una vicenda spiacevole, che non fa certo onore a una realtà del nostro territorio che da trent'anni aiuta tante persone in difficoltà ad avere una seconda chance.