Valle Imagna

L'incredibile caso di Arnosto, ovvero quando la montagna si fa male da sola

Cariplo regalava 490 mila euro, ma il Comune di Fuipiano ha buttato all'aria la proposta del Centro Studi di rilanciare l'antico posto di guardia

L'incredibile caso di Arnosto, ovvero quando la montagna si fa male da sola
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di Paolo Aresi

Tutti vogliono aiutare la montagna, a parole, ma nei fatti non si è mai fatto nulla. E le valli languono, perdono servizi, si spopolano. Ma qualche volta è la montagna che cerca di farsi del male, di danneggiare se stessa.

Questa vicenda che riguarda la Valle Imagna è un classico esempio di decisioni che non si possono capire in alcun modo, se non alla luce di rivalità e invidie che alle comunità fanno tanto male.

Opera in Valle Imagna un’associazione meritoria, che da venticinque anni porta avanti un lavoro di ricerca storica e di valorizzazione della valle. Il Centro studi Valle Imagna ha prodotto decine di libri dove la valle è protagonista con la sua storia, i suoi personaggi e le sue località. L’ultimo libro, una chicca preziosa, è stato presentato da pochi giorni: è la pubblicazione di un manoscritto del XVIII secolo, rintracciato nella biblioteca privata di Giorgio Locatelli, di Corna Imagna, presidente del Centro studi.

In questo libricino, vergato a mano con grafia elegante, compaiono decine di rimedi naturali ad altrettanti mali. Leggerlo è interessante, soprattutto se confrontato con la medicina oggi. Tanti rimedi ricorrono alle proprietà delle piante, ma ce ne sono anche del tutto particolari come il rimedio al problema delle piaghe alle gambe che prevede di usare erba agrimonia, rose secche, mastice, mirra, aloe epatico e “sangue di drago”. In realtà era un modo di dire per indicare il miscuglio di diverse erbe, molto particolari.

I volumi del centro studi Valle Imagna, diverse collane e decine di titoli, per un accordo bonario di dodici anni fa con l’allora sindaco, sono depositati in un appartamento del Comune di Fuipiano, appartamento compreso in una palazzina vuota. Dice il direttore del centro studi, Antonio Carminati: «Per la verità, cinque anni fa la sindaca Valentina Zuccala ci aveva chiesto di spostare il magazzino in un altro locale perché quell’appartamento serviva agli alpini. Così abbiamo traslocato. È un accordo bonario con atto scritto di consegna dei locali per il deposito di libri».

Il problema è che, un mesetto fa, Antonio Carminati è andato alla palazzina di Fuipiano per ritirare dei volumi, ha infilato la chiave, ma... non c’è stato verso di aprire. Si è rivolto al Comune e gli è stato risposto che la serratura era stata cambiata. Dice Carminati: «Ho chiesto il motivo, ma non mi è stato spiegato. Allora mi sono rivolto al sindaco, ma ancora non ho ricevuto risposta. Ho chiesto che mi venissero date delle nuove chiavi, ma nemmeno quelle mi sono state consegnate e i nostri libri sono là rinchiusi senza che noi possiamo riprenderli».

Decisamente seccante. Ma perché un comportamento di questo genere da parte di Fuipiano, paesino di brava gente, che non tocca i duecento abitanti? Dice Antonio Carminati: «In quei libri c’è la nostra storia, c’è la voce della nostra gente, dei nostri antenati. In venticinque anni abbiamo fatto tanto lavoro che è entrato in quelle pubblicazioni. Quello che mi fa tanto male è la mancanza di rispetto verso la nostra stessa tradizione, di valdimagnini. Abbiamo interessato l’avvocato Ettore Tacchini di Bergamo, ma speriamo che possiamo tornare in possesso dei nostri libri senza dovere arrivare alle vie legali. Sarebbe pazzesco».

Il sindaco di Fuipiano non è del paese, si chiama Luigi Elena e viene dalla Liguria, a Fuipiano possiede una casa. La spiegazione sfugge. Rivalità tra paesi? Tra persone? Antipatie private? Mah.

Purtroppo non è l’unico problema che si è venuto a creare fra Centro studi Valle Imagna e Comune di Fuipiano. A monte del paese esiste una località chiamata Arnosto dove si trova una delle costruzioni più suggestive della nostra montagna: il posto di guardia della Serenissima, dove si trovava anche la dogana. La Repubblica di Venezia aveva costruito questo insediamento perché lì vicino passava il confine con la Valsassina, con il Ducato di Milano. Era un luogo strategico. L’avamposto divenne poi cascina e fu infine abbandonato. Rischiò il crollo negli anni Settanta e Ottanta, ma, alla fine, fu restaurato (sebbene in maniera non proprio rigorosa). Di fatto, si è sempre cercato un modo per utilizzare questo suggestivo caseggiato, ma senza esito.

Negli ultimi tre anni, il Centro Studi Valle Imagna ha elaborato una proposta, analoga a quanto fatto per altri due luoghi della valle: Cà Berizzi e Roncaglia. (...)

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