Il pressing sull'Italia

L’intervento militare in Libia? Ecco perché è una tragica follia

L’intervento militare in Libia? Ecco perché è una tragica follia
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Mentre il premier Matteo Renzi è a Washington a parlare di nucleare, si fanno sempre più pressanti le richiesta di un intervento militare in Libia capeggiato dall’Italia. Una “tragica follia”, secondo alcuni, che farebbe correre al nostro Paese troppi pericoli e porterebbe con sé un bagaglio di problemi la cui risoluzione, qualora ci fosse, appare lontana nel tempo.

Un perché del no. Lo ha detto anche Paolo Mieli nel suo editoriale del 30 marzo sul Corriere della Sera: «È giunto il momento di dirlo nella maniera più esplicita: sarebbe un grave errore, in un contesto come l’attuale, inviare migliaia, anzi decine di migliaia di soldati in Libia solo perché ce lo ha chiesto un governo insediato all’uopo. La presenza di quei militari getterebbe una pesante ombra di ulteriore discredito sul già delegittimato governo libico e, anziché debellarla, rischierebbe di rafforzare la presenza Isis che fa capo alla città di Sirte». Nel suo editoriale Mieli ricorda gli spettri del Vietnam e di quel dopoguerra, quando nel Paese si insediò il governo di Nguyen Cao Ky, paragonato da Mieli al governo voluto dall’Onu in Libia con a capo Fayez Serraj.

La riflessione di Piccole Note. Il sito Piccole Note offre un altro spunto di riflessione. Partendo dalla condivisione delle tesi di Mieli, ricorda che in Libia oltre alle milizie locali un nostro contingente si dovrebbe misurare anche con l’Isis, con Boko Haram e con tutti quei movimenti che compongono la galassia jihadista. Il risultato potrebbe essere quello di “anni di guerra, migliaia di vittime militari oltre a precipitare l’Italia nel baratro di un clima di tensione paragonabile a quello degli anni ’70, con attentati a ciclo continuo”. Senza contare la destabilizzazione di gran parte del continente africano, che potrebbe comportare tragiche conseguenze per tutte l’Europa.

Libia: premier al Sarraj visita moschea e piazza dei Martiri a Tripoli
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Il premier libico del governo di riconciliazione nazionale, Fayez al Sarraj, ha deciso di trascorrere il primo pomeriggio in giro per la capitale. In occasione del venerdì islamico, al Sarraj ha deciso di partecipare alla preghiera che si è svolta nella moschea di Maziran, nel centro della città, fermandosi a parlare con i fedeli che si trovavano all'interno. Le foto diffuse dal profilo Facebook del governo di riconciliazione mostrano il primo ministro accolto da una folla di persone nel luogo di culto islamico. Subito dopo, al Sarraj si è recato in piazza dei Martiri dove ha salutato le forze di sicurezza locali presenti sul posto, 1 aprile 2016. +++ ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +++

Libia: premier al Sarraj visita moschea e piazza dei Martiri a Tripoli
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Il premier libico del governo di riconciliazione nazionale, Fayez al Sarraj, ha deciso di trascorrere il primo pomeriggio in giro per la capitale. In occasione del venerdì islamico, al Sarraj ha deciso di partecipare alla preghiera che si è svolta nella moschea di Maziran, nel centro della città, fermandosi a parlare con i fedeli che si trovavano all'interno. Le foto diffuse dal profilo Facebook del governo di riconciliazione mostrano il primo ministro accolto da una folla di persone nel luogo di culto islamico. Subito dopo, al Sarraj si è recato in piazza dei Martiri dove ha salutato le forze di sicurezza locali presenti sul posto, 1 aprile 2016. +++ ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +++

Libia: premier al Sarraj visita moschea e piazza dei Martiri a Tripoli
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Il premier libico del governo di riconciliazione nazionale, Fayez al Sarraj, ha deciso di trascorrere il primo pomeriggio in giro per la capitale. In occasione del venerdì islamico, al Sarraj ha deciso di partecipare alla preghiera che si è svolta nella moschea di Maziran, nel centro della città, fermandosi a parlare con i fedeli che si trovavano all'interno. Le foto diffuse dal profilo Facebook del governo di riconciliazione mostrano il primo ministro accolto da una folla di persone nel luogo di culto islamico. Subito dopo, al Sarraj si è recato in piazza dei Martiri dove ha salutato le forze di sicurezza locali presenti sul posto, 1 aprile 2016. +++ ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +++

Libia: Gentiloni a Serraj, aiuti alimentari e medici
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Libya's unity government's Prime Minister-designate Fayez al-Sarraj chairs a meeting of the presidential council with Tripoli municipal council in Tripoli, Libya, 31 March 2016. Reports state Sarraj and the UN-backed presidential council arrived in Tripoli on 30 March. ANSA/STR

Pressing sempre più forte. Gli Stati Uniti tuttavia insistono per la soluzione militare e il pressing su Roma arriva soprattutto dagli ambienti neocon americani, che caldeggiano l’intervento. Anche il presidente Usa Obama non sembra sottrarsi alle richieste del fronte più guerrafondaio, capeggiato in Europa da Francia e Gran Bretagna. Renzi ha più volte dichiarato la sua contrarietà a un intervento di terra. A meno che non sia il nuovo governo a chiederlo. Tutto sta, adesso, in quello che Obama dirà a Renzi nel suo incontro al summit sulla sicurezza nucleare che chiude la missione del premier italiano in terra americana. All’ordine del giorno c’è il contrasto all’Isis in Siria e in Iraq, la stabilizzazione politica in Libia e le relazioni con l'Egitto dopo la morte di Giulio Regeni. È assai probabile che di fronte alle insistenze alleate, l’Italia opti per una soluzione di compromesso, che comprende l’utilizzo limitato e circoscritto della forza, e che esclude l’invio di uomini a terra ma solo l’impiego di tornado che compiano raid mirati per far saltare le basi dei jihadisti.  È altrettanto probabile che Renzi temporeggi e chieda di dare un po’ di tempo e fiducia al processo di consolidamento del governo voluto dalle Nazioni Unite, in modo che la Libia possa trovare una stabilità interna senza bisogno di ricorrere a un intervento militare di supporto da parte di Paesi terzi.

La situazione nel Paese. Intanto la situazione in Libia è assai precaria. A Tripoli ormai da qualche giorno si respira aria da guerra civile per le strade. Il premier designato dall’Onu Fayez Sreeaj insieme al suo governo di unità nazionale è riuscito a insediarsi arrivando dal mare e stabilendosi presso la base navale militare di Abu Setta. Inizialmente il suo arrivo non è stato ben accolto: l’ingresso a Tripoli è stato accompagnato da minacce di arresto da parte del governo non riconosciuto ma insediato da quasi due anni nella capitale, che ha fatto appello “a tutti i rivoluzionari a schierarsi contro questo gruppo di intrusi”. Poi la svolta: il premier Khalifa Ghwell, che si è sempre opposto al governo Sarraj, ha fatto ritorno a Misurata, sua città natale. Anche le città della costa sembra vogliano appoggiare i disegni dell’Onu e una decina di esse ha formalmente rotto l’alleanza con il Congresso di Tripoli (Gnc) passando dalla parte di Sarraj, nella speranza di poter risolvere lo stato di conflitto. Pare quindi che i libici stessi siano intenzionati a risolvere i loro problemi da soli, e che la strada verso un tentativo di pace, nonostante sia impervia e ricca di ostacoli, sia stata intrapresa. Senza bisogno di altre armi.

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