L'intervista

Lo sfogo del clochard aggredito «Quel ragazzo non lo perdono»

Lo sfogo del clochard aggredito «Quel ragazzo non lo perdono»
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Non perdona il ragazzo che l’ha aggredito e al contempo lancia un accorato appello alle istituzioni: «Aiutatemi a trovare una casa». Occhi lucidi e pieni di paura, sguardo smarrito, perso nel vuoto, cappello di paglia in testa, barba e capelli tagliati e vestiti puliti. Ma anche tanta voglia di vivere, di superare questo momento difficile, in rigorosa solitudine, e di ritornare a quella che era la sua routine prima dell’aggressione che poteva costargli la vita. A poco più di un mese dall’arresto cardiaco che l’ha colpito (a seguito dell’aggressione del giovane), mercoledì 25 aprile il 72enne Giuseppe Galbusera, il clochard originario di Casatenovo (Lecco) spintonato il 29 marzo scorso da un minorenne sul piazzale antistante l’ingresso della stazione ferroviaria di Arcore (Milano), è ritornato nella «sua» sala d’attesa, seduto allo stesso posto, dove già trascorreva i suoi pomeriggi prima dell’aggressione che ha avuto conseguenze drammatiche, fortunatamente non fatali. E questa volta con accanto uno zaino pieno di vestiti di ricambio e una borsa zeppa di medicine che gli hanno prescritto i medici dell’ospedale di Paderno Dugnano (Milano) dopo la degenza e l’operazione alla valvola mitralica.

 

 

Galbusera ha accettato di rilasciare un’intervista esclusiva al Giornale di Merate per raccontare l’odissea che ha vissuto e che sta ancora vivendo. «Non ricordo nulla di quello che è accaduto quel pomeriggio dopo l’aggressione. So solo che mi trovavo qui in stazione, come ora, in sala d’aspetto, in attesa di prendere il pullman - ha raccontato Galbusera, mentre teneva strette tra le mani le medicine che da lì a pochi minuti avrebbe preso per il cuore - Ricordo solo che, ad un certo punto, dei ragazzi che si trovavano fuori dalla stazione hanno iniziato a guardarmi, a ridere di me e a  prendermi in giro senza motivo. Mi sono avvicinato a loro per capire cosa volessero, ma poi non mi ricordo più nulla». In un secondo passaggio della sua testimonianza, Galbusera ha rifiutato  qualsiasi ipotesi di perdono nei confronti del ragazzino arcorese, minorenne, che l’ha spintonato. Aggressione a cui è seguito  l’infarto che poteva essergli fatale. «Io non perdono chi mi ha spintonato, non ce la faccio proprio - ha continuato Galbusera, con tono di voce forte e deciso, senza risparmiare una ramanzina all’autore del gesto, in dialetto milanese - Quel bagai al dev imparà l’educasion (Quel ragazzo deve imparare l’educazione, ndr)».

Appello alle istituzioni. Il 72enne, però, ha anche voluto lanciare un accorato appello alle istituzioni. «Non ho più una casa e questa cosa inizia a pesarmi - ha continuato Galbusera - Prima ce l’avevo a Casatenovo e poi a Camparada, ora non più. Vorrei che qualcuno mi mettesse a disposizione un locale. E lancio questo appello ai servizi sociali del Comune di Camparada, di Casatenovo, ma anche a quelli di Lesmo e di Arcore. Se il sindaco o gli assessori potessero fare qualcosa per me ne sarei loro grato per tutta la vita». Ma Galbusera, descritto da tutti come uomo schivo, riservato e burbero, che ha deciso di sua spontanea volontà di vivere come un clochard, in povertà, non si è dimenticato di chi gli è stato vicino durante la sua degenza in ospedale.

I ringraziamenti. «Alla mia Roberta voglio davvero tanto bene perché è stata l’unica che mi è venuta a trovare tutti i giorni in ospedale - ha continuato Galbusera riferendosi a Roberta Bordin, presidente dei commercianti e ambulanti di Monza e Brianza, che gli è stata accanto durante la degenza a Paderno Dugnano - È l’unica che si è ricordata di me. Davvero una gran donna che non dimenticherò di ringraziare. E poi mi hanno raccontato che, subito dopo l’infarto, ci sono state tre persone che mi hanno salvato la vita. Vorrei incontrarle prima o poi per ringraziarle per quello che hanno fatto». Anche Michela Bellagamba, dipendente di Rfi ad Arcore, una degli «angeli custodi» che ha salvato la vita a Galbusera grazie al massaggio cardiaco con il defibrillatore (vedi box in basso), nei giorni scorsi ha rivisto Galbusera in stazione. «È stata una grande gioia poterlo rivedere in sala d’aspetto - ha sottolineato la donna - L’ho visto quasi rinato e lui si è intrattenuto molto con me e abbiamo chiacchierato molto. Ovviamente non si ricorda di quello che è successo ma va bene così, l’importante è averlo di nuovo con noi».

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