L'offensiva dell'Isis investe la Libia Esplode camion, decine di morti

Un camion bomba è esploso questa mattina presso la scuola di polizia di Zliten, in Libia, provocando decine di vittime. Dalle prime ricostruzioni, che forniscono un numero sommario e imprecisato di vittime che si aggira sulla sessantina, pare che un’autocisterna d’acqua riempita con dell’esplosivo sia stata fatta brillare davanti ai cancelli di un centro di addestramento militare. Al momento dell'attentato erano presenti oltre 400 reclute della guardia costiera libica. È stato un vero e proprio massacro e gli ospedali della zona sono in stato di emergenza: alla popolazione è stato chiesto di donare sangue.
«Operazione di martirio». Stando a quanto sostengono molti, i colpevoli dell’attentato sarebbero i miliziani dell’Isis, che ormai ha avviato la sua offensiva in territorio libico. Tuttavia, i jihadisti non hanno ancora rivendicato ufficialmente il gesto. Il gruppo editoriale collegato all’Isis, Aamaq, avrebbe dichiarato che si è trattato di una «operazione di martirio».
Dov’è Zilten. Zlitan sorge nei pressi di Misurata, a una settantina di chilometri a ovest, in un’area sotto il controllo delle milizie locali, le quali gravitano attorno al governo islamista “di Tripoli”, guidato da Khalifa al-Ghwail. Un esercito che però si è dimostrato disponibili a sottoscrivere l’accordo per un governo di unità nazionale come da mediazione degli inviati dell’Onu Bernardino Leon e Martin Kobler.
L’offensiva Isis verso i pozzi petroliferi. Intanto, lo Stato Islamico sembra non arrestare la sua avanzata nel Paese. Nei giorni scorsi i jihadisti avevano tentato di prendere il controllo dei pozzi petroliferi di Sidra, situati a circa 180 chilometri a est di Sirte, oltre al complesso industriale di Hindia, alle porte di Ras Lanuf. Sidra è considerato uno dei terminal di oro nero più importanti del Paese. La tecnica usata per attaccare i due impianti è molto simile a quella utilizzata nell’attacco di questa mattina.
Intervento militare vicino? Ormai sembra che sia sempre più vicino un intervento militare straniero nel Paese per fermare l’avanzata del sedicente Califfato. Ma per farlo è necessario che la comunità internazionale sia legittimata a operare. L’Isis punta a controllare i pozzi petroliferi nell'ottica di conquistare un obiettivo strategico e monetizzabile nell'immediato. Potrebbe essere questa la motivazione principale per dare legittimità all’intervento. E l’Italia, come si scrive da giorni, sarebbe in prima linea. Nelle ultime settimane le voci di un intervento si erano fatte molto insistenti, anche se la Farnesina e il ministero della Difesa hanno sempre negato ogni coinvolgimento delle nostre truppe.
L’impegno italiano. Una versione, quella ufficiale, smentita da molti media. In particolare è stato il Mirror a dare conto dell’imminenza di una grande operazione a guida italiana che coinvolgerebbe circa 6mila uomini. Anche il quotidiano francese Le Figaro, nelle scorse settimane, aveva parlato del ruolo di Roma e aveva affermato che l’Italia in questa guerra all'isis in Libia metterebbe a disposizione della missione le sue basi ed alcune unità dei Carabinieri e delle forze speciali dell'esercito e della Marina Militare.
Gli interessi italiani. L’interesse italiano a fare in modo che i pozzi petroliferi non cadano nelle mani dell’Isis passa pure dal ruolo dell'Eni. Qui il cane a sei zampe, partner del Paese sin dai tempi di Gheddafi, ha interessi di molto superiori a quelli degli altri colossi energetici e rinunciare alla produzione di petrolio provocherebbe un danno economico all’azienda di non poco conto. A tutt’oggi l’Eni produce circa 300mila barili di petrolio al giorno, e rimane il maggior produttore di idrocarburi in Libia tra le oltre 20 compagnie petrolifere tornate a operare nel paese nordafricano. Con l'obbiettivo, oggi, di aumentare ancora la sua presenza. Non a caso l'amministratore delegato del gruppo, Claudio Descalzi, ha recentemente incontrato il presidente della compagnia petrolifera di Stato libica Noc (National Oil corporation), Mustafa Sanalla, per discutere delle prospettive di sviluppo del settore petrolifero nel Paese nordafricano e cementare ulteriormente una partnership che dura ormai dal 1959.