Louvre: ma dove è andato a finire il «Salvator Mundi» di Leonardo?

Leonardo sbarca a Parigi, per la grande mostra dei 500 anni, organizzata al Louvre. Per dirla meglio, a Parigi arriva «Léonard», alla francese, perché a loro piace fare così. Si francesizza tutto: è vero che il genio da Vinci era morto ad Amboise in un castello sulla Loira messogli a diposizione dal re, ma al di là delle Alpi ha passato giusto gli ultimi scampoli di vita, da maggio 1517 al fatidico 2 maggio 1519, giorno del trapasso. La grande macchina del Louvre ha imbastito un’operazione senza precedenti, ma ha dovuto fare i conti con un bello smacco: non arriverà il quadro più atteso e più discusso, il famoso «Salvator Mundi», acquistato all’asta da un principe ereditario dell’Arabia Saudita nel novembre 2017 per quasi mezzo miliardo di dollari. È un quadro avvolto nel mistero: dal giorno di quell’aggiudicazione record è sparito dai radar, alimentando ogni tipo di ipotesi e di complotto. Avrebbe dovuto essere presentato in occasione dell’inaugurazione della faraonica sede distaccata che il Louvre ha aperto negli Emirati, ma dopo tanti annunci non se ne è fatto nulla. Per Parigi l’assenza rappresenta una sonora sconfitta, in quanto la mostra di Léonard verrà certamente paragonata con l’altra grande mostra organizzata a Londra, alla National Gallery, nel 2011. Proprio in quell’occasione il «Salvator Mundi» era uscito dall’ombra ed era stato presentato con l’attribuzione al genio vinciano, senza punti interrogativi. Era stata una decisione autorevole ma clamorosa, senza la quale non sarebbe stato possibile per il quadro raggiungere quel risultato d’asta appena pochi anni dopo.
Parigi, quindi, parte sconfitta e può solo sperare in un colpo di scena mediatico, con l’apparizione dell’opera a mostra in corso. Intanto però per tappare il buco gli organizzatori sono corsi ai ripari esponendo un altro «Salvator Mundi», dalla storia intricata: era di una nobile famiglia francese, la famiglia De Ganay, che l’aveva rilevato da un monastero. Una ventina di anni fa Carlo Pedretti, il più noto (e anche discusso) leonardista del tempo, avanzò un’attribuzione al maestro. Un’attribuzione che resse, seppur fra tanti dubbi, finché non apparve l’altro Salvator Mundi. Si sa infatti che Leonardo aveva dipinto questo soggetto, un fatto confermato dall’esistenza di una novantina di repliche che testimoniano l’enorme successo che aveva avuto all’epoca: tutti ne volevano uno... E non solo allora. Anche il patron di Esselunga, Bernardo Caprotti, aveva acquistato per la sua collezione una di queste repliche, che poi donò alla Pinacoteca Ambrosiana dov’è esposta con l’attribuzione al Salaino, l’aiutante (e anche amante) di Leonardo.
A Parigi il «Salvator Mundi» De Ganay viene presentato come opera dell’atelier di Leonardo, anche perché si è capito che il suo autore è lo stesso che fece una precoce e famosa copia della Gioconda, oggi conservata al Prado. Resta aperto il mistero del perché il proprietario del «Salvator Mundi» miliardario lo tenga nascosto. C’è chi sospetta che siano emersi dubbi sulla sua attribuzione e che quindi sia meglio non esporlo a un ulteriore dibattito critico. Fatto sta che i francesi devono fare i conti con quel buco...