"treviolese"

Luca e famiglia, amici della Casa di Leo a Codogno: «Non è l’apocalisse, la vita continua»

Il racconto della zona rossa, prima del nuovo decreto: «Qui si occupa il tempo con cose nuove e gesti semplici» «Mio figlio è immunodepresso ma non gli hanno fatto il tampone». «La gente si sta comportando bene. Ci sono famiglie senza entrate»

Luca e famiglia, amici della Casa di Leo a Codogno: «Non è l’apocalisse, la vita continua»
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di Monica Sorti

«Volevo rassicurare tutti sul fatto che sia io, che Irina e Lorenzo, stiamo bene». A parlare è Luca Foletti, il papà di Lorenzo, che già più volte abbiamo incontrato, in primis come ospite della Casa di Leo, e poi come fondatore del progetto Insieme Oltre le Onde, che raccoglie fondi a favore delle famiglie con bambini che stanno affrontando lunghe cure negli ospedali di Bergamo e di Brescia. Ci sentiamo telefonicamente, perché Luca è nel cuore della zona rossa (fino al decreto di domenica, ndr), a Codogno. «Paradossalmente qui si sta facendo una vita normale. In questa situazione di emergenza, si cerca di occupare il tempo con cose nuove e gesti semplici». Con calma e speranza. Due doti che sia Irina sia Luca conoscono molto bene, così come altrettanto bene, purtroppo, conoscono l’emergenza. «Siamo quelli che siamo grazie a quello che abbiamo vissuto», racconta Luca, riferendosi al figlio  Lorenzo, un bambino che ha affrontato il trapianto di fegato e una lungodegenza in vari ospedali, quella più importante al Papa Giovanni XXIII.

«Lì Lorenzo è rinato, e lì abbiamo conosciuto tante persone che ci hanno trasmesso dei valori che ci hanno fatto comprendere il miracolo della vita. E grazie alle quali stiamo lottando ora per il progetto nel quale crediamo “Insieme oltre le onde”». Persone che, in questi giorni difficili, hanno mostrato alla famiglia Foletti la loro vicinanza. «Per questo il mio grazie con il cuore va a tutti gli amici bergamaschi, agli amici di Treviolo di Casa di Leo e al personale ospedaliero del Papa Giovanni. E li voglio rassicurare nuovamente. Questa situazione è straordinaria, ma la vita nella zona rossa sta andando avanti. Non ci manca il cibo, non ci mancano i beni essenziali. È una situazione difficile, soprattutto per le persone con la salute già compromessa da gravi patologie e per le aziende e le attività del territorio che, in questo momento, sono in sofferenza. La zona rossa è stata individuata come focolaio, e la gente si sta comportando responsabilmente. Ricordiamo che qui ci sono tante famiglie che in questo momento non hanno entrate, e l’appello che mi sento di lanciare in questo momento alle istituzioni è che non ci abbandonino».
Luca racconta poi come lui, Irina e Lorenzo stanno vivendo la quotidianità.

«In situazioni come questa non puoi controllare gli eventi, ma hai il pieno possesso delle tue reazioni. E noi stiamo reagendo in questo modo: stiamo facendo il pane, la pizza e delle belle passeggiate. La gente qui a Codogno si sta godendo la famiglia, non ci sono disordini. Ci spiace solo che siamo stati dipinti come degli untori. Questo virus non va sottovalutato e noi non lo stiamo  facendo. Questa situazione di una possibile patologia pericolosa dovuta a una mancanza di vaccino l’abbiamo già vissuta. La nostra famiglia, quotidianamente, e come noi tanti bambini immunodepressi».

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Luca racconta che, dalla zona rossa, stanno osservando il mondo come da una finestra. «Da qui vediamo molto di più fuori di quando da fuori si possa vedere dentro. E ci sono tante incongruenze. Stiamo vedendo gente che non vuole la chiusura delle frontiere ma che, allo stesso tempo, se potesse utilizzare il forcone per tenerci chiusi qui dentro, lo farebbe. Lo  dico in maniera scherzosa e senza alcun riferimento politico. Ma la situazione viene dipinta all'interno della zona rossa con una confusione peggiore di quanto non sia in realtà. A mio avviso ci vuole buon senso e il buon senso ha una sola via. Non c’è l’apocalisse, non dobbiamo sottovalutare la cosa, ma Codogno non è il male del mondo. Siamo passati alla ribalta per questa emergenza. La Lombardia è associata al Coronavirus. Dalla nostra finestra, oggi, capiamo che il problema grande esiste, ma non è più grande all'interno della finestra stessa».

A Codogno, come si presume anche altrove, i numeri nazionali messi a disposizione non sono funzionanti e, nonostante Lorenzo sia un bambino immunodepresso, nessuno dei tre ha potuto fare il tampone. «Ho chiamato subito venerdì il numero sanitario perché il 112 era preso d’assalto. Quando finalmente sono riuscito a prendere la linea, hanno preso nota ma non mi hanno più richiamato, perché sicuramente le richieste saranno tantissime - spiega Luca -. Non ci resta che seguire le norme di buona igiene e di isolamento che noi, con nostro figlio, dovevamo già mettere in atto. Fortunatamente abbiamo una buona consapevolezza: quella di essere seguiti dal centro di eccellenza a livello professionale, organizzativo e umano che è il Papa Giovanni XXIII e l’equipe del Reparto Epatologia, Gastroenterologia, Trapianti e gli Ambulatori day Service. Più volte ci hanno chiamato in questa settimana per accertarsi delle condizioni di Lorenzo. Con loro si è creato un rapporto speciale. Abbiamo avuto modo di sentire e ci sono molto vicini anche tanti, ma tanti, volontari della Casa di Leo, che hanno  visto le nostre dirette e sono rimasti rassicurati».

In questi giorni la famiglia Foletti sta facendo delle dirette tv via Skype con l’emittente Cremona 1. «Siamo stati loro ospiti a metà novembre per parlare del nostro progetto. Siamo poi rimasti in contatto con questi presentatori di Cremona e la storia delle diretta è nata da una battuta scherzosa sui social. Ne abbiamo fatto una prima improvvisata, senza sapere neppure quanto sarebbe durata. Ha avuto migliaia di visualizzazioni».

 

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