«Ci siamo sconfitti da soli»

Luciano Benetton torna alla guida e non risparmia nulla ai figli

Luciano Benetton torna alla guida e non risparmia nulla ai figli
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Bentornato signor Luciano. Devono averlo pensato in tanti, se non tutti, i 7.328 dipendenti restanti dell’azienda Benetton quando hanno saputo che il vecchio leader dell’azienda, nonostante i suoi 82, ha deciso di tornare sulla barca. O meglio, ha deciso di scendere dalla barca sulla quale negli ultimi anni ha girato il mondo avendo consegnato l’azienda agli eredi, e di ritornare a bordo dell’azienda. Ce n’era bisogno, visto che da anni il marchio dai mille colori stava andando alla deriva, perdendo quote di mercato e presentandosi sul mercato con prodotti che nulla avevano a che vedere con la sua immagine.

Una scelta determinata. Così, con una decisione quasi rabbiosa, Luciano Benetton ha deciso di far piazza pulita e di rimettersi alla guida della sua “creatura”, sostenuto dalla sorella Giuliana, che di anni ne ha due meno di lui. «Nel 2008 avevo lasciato l’azienda con 155 milioni di euro di fatturato. Oggi la riprendo con gli 81 di passivo del 2016. E quest’anno sarà anche peggio», ha detto in un’intervista concessa a Francesco Merlo per Repubblica. Un’intervista in cui, come nel suo stile, non ha tenuto nascosto niente. Le ragioni del declino del marchio ce le ha ben chiare: «Mentre gli altri ci imitavano, la United Colors spegneva i suoi colori. Ci siamo sconfitti da soli. In negozi che erano pozzi di luce sono diventati bui e tristi come quelle della Polonia comunista».

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Colori e... Oliviero Toscani. Per questo Luciano Benetton come prima decisione ha preso quella di riportare sulla barca dell’azienda alla deriva il mago della comunicazione che aveva in buona parte determinato il successo globale del marchio: Oliviero Toscani, il fotografo-pubblicitario delle campagne che avevano suscitato mille scandali ma che avevano trasformato una semplice fabbrica di maglioni dell’entroterra veneto in un marchio “da seguire”, a cui affiliarsi per affinità di sentimento e di pensiero. I colori, simbolo dell’azienda, non erano solo quelli dei maglioni ma erano quelli di un mondo che scopriva le mille e mille diversità che lo costituiscono. Diversità di pelle, di genere, di gusto, di cultura… E i colori, come le diversità, si sono caratterizzati da elementi distintivi, con ricadute di mercato e di fatturati.

La gestione dei figli. Ma da quando Luciano ha passato la mano le cose sono andate diversamente. Gli eredi si sono concentrati su altri business meno colorati ma certo più redditizi: autostrade, aeroporti, stazioni, ristorazione, finanza. Oggi se è vero che la “piccola” Benetton perde soldi, la grande scatola della Holding di famiglia è diventata un impero, con 12 miliardi di fatturato e ben 64mila dipendenti in tutto il mondo. Il secondogenito Alessandro è stato un po’ lo stratega di questa svolta: prima ha preso il timone della Benetton, poi ha intuito che gli affari si facevano in altro modo e quindi è passato alla guida della Holding lasciando l’azienda nelle mani dei manager.

 

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Luciano non ci sta. Ma per il vecchio Luciano l’azienda era come una sesta figlia. Impossibile vederla declinare in modo tanto triste. Così si è deciso a tornare in campo, menando schiaffoni pubblici ai responsabili del disastro, e soprattutto provando a riaccendere quel film a colori ai tempi con cui aveva conquistato il mondo. Le prime immagini sono già uscite dai laboratori di Fabrica, il laboratorio di creatività e comunicazione che lui aveva affiancato alla fabbrica. Sono positive, ammiccanti. Immagini di bambini di tutti i colori attorno ad una maestra che legge loro una grande libro di Pinocchio. Naturalmente indossano di nuovo i maglioni che a Treviso avevano sciaguratamente smesso di produrre. Sembra un po’ di assistere a un remake. Chissà se funzionerà…

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