La sua storia

L'addio a Willenberg, il fuggitivo Ultimo reduce del lager di Treblinka

L'addio a Willenberg, il fuggitivo Ultimo reduce del lager di Treblinka
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Se ne va l’ultimo pezzetto di memoria di uno dei tanti luoghi dell’orrore nazista. È morto il 20 febbraio a Tel Aviv Samuel Willenberg, l’ultimo superstite del campo di concentramento di Treblinka, in Polonia; aveva 93 anni da poco compiuti. Nell’agosto 1943 aveva preso parte a una rivolta all’interno del lager in cui era prigioniero: ciò gli permise di fuggire e di scampare all’eccidio, che vide solo in quel campo la morte di 800mila ebrei polacchi e greci. L’anno successivo entrò nelle forze partigiane polacche, per poi migrare in Israele nel 1950. Una storia di eroismo e anche fortuna, come molte altre ambientate in quei terribili anni (ad esempio quella dell'italiano Giacomo Cagnoni), quando tanti prigionieri tentarono di scegliere tra il coraggio e la morte certa.

L’invasione nazista. Al momento dell’invasione tedesca della Polonia, Willenberg partì per arruolarsi nell’esercito polacco. Poche settimane dopo fu tuttavia ferito in uno scontro con l’armata Rossa e catturato. A distanza di tre mesi riuscì a fuggire e tornare a casa, presso Częstochowa. All'inizio del 1940 si spostò con la madre e le due sorelle a Opatów, per ricongiungersi con il padre. Nel frattempo però i nazisti avevano cominciato a costringere gli ebrei polacchi nei ghetti: quello di Opatów fu costituito nella primavera del 1941.

 

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La cattura. Nel 1942 cominciò l’operazione Reinhard, che coincise con la fase più letale dell’olocausto in Polonia. I Willenberg riuscirono ad ottenere alcuni documenti ariani falsificati e poterono tornare a casa loro, ma ben presto anche il ghetto di Częstochowa divenne assai pericoloso; le sorelle di Samuel furono catturate, mentre lui fu mandato nuovamente a Opatów da sua madre. Ma era una salvezza temporanea: il 20 ottobre 1942 salì su un treno con altri 6500 ebrei, direzione Treblinka.

La prigionia. Tra il luglio 1942 e l’ottobre 1943 a Treblinka morirono circa 800mila prigionieri, ma altre stime parlano di oltre un milione. Arrivato al campo, Samuel si salvò dalle camere a gas: dagli indumenti che portava fu riconosciuto come muratore, quindi fu preso per lavorare. Tra i vari lavori c’era il disimballaggio e l’ordinamento degli effetti personali delle vittime: fu in questo frangente che riconobbe i vestiti delle sorelle.

La fuga. Il 2 agosto 1943 era tra i circa 700 prigionieri che scatenarono una rivolta nel lager. La maggior parte di essi non riuscì a fuggire, ma Samuel e altri 200 ce la fecero. Un altro centinaio fu colpito nel successivo inseguimento, mentre Willenberg raggiunse il padre a Varsavia, nonostante la ferita a una gamba, e prese parte alla resistenza. Nel settembre 1944 venne arruolato nell’esercito popolare polacco, con la carica di sergente. Dopo la resa di Varsavia, fuggì dalla città con la popolazione civile. Si nascose poi presso la cittadina di Blonie, fino alla liberazione sovietica.

 

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Dopo la guerra. Nel 1946-47, Samuel fece parte dell’esercito polacco come tenente. In seguito aiutò organizzazioni ebraiche a trovare bambini salvati dall’olocausto grazie all’aiuto di famiglie polacche. Nel 1950 decise di andarsene dalla Polonia a causa delle asprezze dello stalinismo. Aveva solamente 27 anni e tutta una vita davanti: se la costruì in Israele, dove divenne col tempo un alto funzionario statale. Una volta in pensione, si è dedicato all’arte scultorea e alla letteratura per dare una testimonianza ulteriore delle sue esperienze belliche.

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