Una scoperta norvegese

Macché mistero delle Bermuda Il triangolo maledetto è in realtà...

Macché mistero delle Bermuda Il triangolo maledetto è in realtà...
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Uno dei luoghi più temuti del pianeta ha visto (forse) svelato il suo mistero. Niente UFO, solo grossi crateri ed esplosioni di gas. Il triangolo di oceano racchiuso tra la Florida, l’isola di Porto Rico e l’arcipelago delle Bermuda è diventato nei decenni passati un luogo dal fascino sinistro e inquietante. Questo a causa di alcune sparizioni di navi e aeroplani lì avvenute e per via di una forte spinta sull’immaginario collettivo attuata da divulgatori, non troppo rigorosamente scientifici. Il mito vero e proprio che ne è nato è sicuramente legato al libro Bermuda, il triangolo maledetto del 1974 di Charles Berlitz, secondo il quale nella zona sarebbero avvenuti fenomeni non distanti dal paranormale e dall’alieno. Oggi pare che il presunto enigma sia stato risolto e, come spesso capita, la spiegazione ha deluso gli appassionati per la sua banale normalità.

 

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Grossi crateri e gas. Il triangolo alieno, il varco dimensionale sorvegliato dagli UFO (e chi più ne ha più ne metta) potrebbe essere semplicemente una zona d’oceano con grossi buchi sul fondo, profondi fino a 45 metri e larghi 800. A sostenerlo sono i ricercatori della Arctic University della Norvegia, che hanno individuato crateri simili vicino alle coste norvegesi: «Esistono diverse giganti cavità sul fondo del mare in una zona della parte centro-occidentale del Mare di Barents, causate probabilmente da enormi scoppi di gas – hanno riferito al Sunday Times –. L’area dei crateri rappresenta probabilmente uno dei più grandi punti caldi per il rilascio di metano marino nell’Artico e le esplosioni che successivamente formano le cavità potrebbero comportare grossi rischi per le navi che passano». Se davvero le cose funzionassero in questo modo, la teoria potrebbe essere applicata anche al temibile triangolo maledetto. Sarebbe un primo passo importante per riuscire a svelarne l’ipotetico arcano.

Ulteriori spiegazioni e una tesi simile. Questi sono soltanto alcuni accenni dello studio portato avanti dai ricercatori dell’Arctic University. L’indagine verrà interamente pubblicata solo ad aprile, in occasione dell’incontro annuale dell’European Geosciences Union, associazione interdisciplinare che accoglie tutti gli studiosi di rilievo nei settori delle scienze della terra, della planetologia, delle scienze dello spazio, eccetera. In quella sede gli scienziati norvegesi potranno illustrare con maggior precisione le loro ricerche.

 

https://youtu.be/--TsW36lQGA

 

Una tesi simile era stata proposta l’anno scorso da Igor Yeltsov, importante scienziato russo: la causa delle sparizioni sarebbe secondo lui da imputare alle «reazioni dei gas idrati che cominciano a decomporsi attivamente quando il ghiaccio di metano si trasforma in gas. Accade in maniera simile ad una valanga, come in una reazione nucleare, producendo enormi quantità di gas. Questo fa aumentare la temperatura del mare e le navi affondano nelle sue acque, mescolate con una percentuale enorme di gas».

Un mito da sfatare. Parlando di Triangolo delle Bermuda non ci si può non soffermare sulla sua forte connotazione leggendaria, più che scientifica. È uno di quei miti che resistono, anche di fronte a prove materiali che affermano il contrario. Basta andare su Wikipedia per leggere come le teorie enunciate sul già citato libro Bermuda, il triangolo maledetto siano in larga parte frutto di mistificazioni attuate dall’autore Charles Berlitz. A sconfessarle fu un libro di Lawrence David Kusche, pubblicato l’anno successivo, nel quale venivano spiegate tutte le falsità presenti nel volume di Berlitz. La stessa Guardia costiera degli Stati Uniti ha confermato che l’incidentalità in questo presunto Triangolo del diavolo rientra nella norma. L’area è una delle più trafficate al mondo e la percentuale di incidenti è in realtà irrisoria. Ma, si sa, quando una leggenda affascina le persone, diventa difficile da estirpare.

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