Lo dice la Società Italiana di Gastroenterologia

Mamme, mettetevi l'anima in pace la celiachia è colpa di un gene

Mamme, mettetevi l'anima in pace la celiachia è colpa di un gene
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Sul fronte della celiachia, cioè l’intolleranza permanente al glutine, una sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, grano khorasan o kamut, orzo, segale, spelta e triticale, arrivano buone notizie. Le celiachia è causa di non poche preoccupazioni per le mamme alle prese con lo svezzamento dei loro piccoli: né l’inserimento precoce del glutine nella dieta del neonato, tra il quarto e il sesto mese, né l’allattamento prolungato al seno, sarebbero infatti in grado di proteggere i bambini dall’insorgenza della malattia che colpisce, di norma, entro i primi tre anni di vita. Le implicazioni non sono certo di poco conto: disturbi gastrointestinali significativi, limitazioni nella dieta, che deve escludere qualsiasi alimento che possa contenere anche minime tracce della sostanza incriminata, e talvolta manifestazioni di altra natura come anemia, diabete, artrite reumatoide, epatiti. Ultime ricerche spiegano che il fattore discriminante sarebbe la presenza di un gene, chiamato HLA, e legato al sistema immunitario.

 

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Lo studio. A darne notizia è uno studio della Società Italiana di Gastroenterologia, pubblicato sul New England Journal of Medicine, secondo cui solo nei bambini ad alto rischio l'introduzione del glutine intorno ai 12 mesi potrebbe ridurre le probabilità di diventare celiaco. Le conclusioni si riferiscono al monitoraggio, tra il 2003 e il 2008, di oltre 700 bambini di 20 centri italiani nell’ambito del progetto Italian Baby Study on Weaning and CD Risk. Ad alcuni di questi bambini è stata somministrata la prima pappa con glutine a sei mesi e, ad altri, a dodici mesi, senza che siano mai state rilevate differenze o cause correlate a questo fattore nella possibile insorgenza della malattia. Si è potuto dire lo stesso in caso di bambini allattati più a lungo al seno.

La predisposizione genetica. A dover mettere in guardia sarebbe, invece, la presenza del gene HLA-DQ2 nel Dna. La ricerca ha evidenziato che i bambini che ne posseggono due copie avrebbero il 38% di probabilità di essere celiaci contro il 19% dei piccoli che non ne sono portatori. La possibilità di scoprire l’anomalia genetica c’è: un semplice test del sangue del genotipo HLA potrebbe diagnosticare in anticipo i bambini “ad alto rischio” sui quali attuare strategie di prevenzione primaria. Se evitare la celiachia, in quanto di origine genetica appunto, non è possibile e chi ne è portatore avrà a che fare con la malattia per tutta la vita, interventi correttivi dietetici, precoci, potrebbero comunque permettere di ridurre al minimo gli effetti negativi sull’evoluzione dei disturbi correlati.

La dieta. Al momento, la sola cura della malattia non sono i farmaci, bensì l’attenzione alla tavola e ad evitare la contaminazione con il glutine anche di qualsiasi oggetto usato nella preparazione delle pietanze di grandi e piccoli celiaci. Per limitare il più possibile la sintomatologia, occorre aderire rigorosamente (e a vita) ad una dieta senza glutine da impostare con un dietista in modo tale che contenga tutti i principi nutritivi necessari all’organismo. Bisogna fare soprattutto attenzione ai cibi amici del celiaco, cioè quelli senza glutine, disponibili in commercio e garantiti dalla presenza sulla confezione di una spiga di grano sbarrata, logo dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC); ai cibi a rischio, ovvero quelli che possono contenere anche tracce di glutine e la cui presenza può essere accertata sul prontuario dell’AIC o esclusa dalla dicitura “non contiene fonti di glutine” o “senza glutine” sulla confezione del prodotto; e ai cibi vietati, primi fra tutti le farine e gli alimenti che contengono il glutine in natura.

 

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Avvertenze. Ecco alcune norme anti-glutine, preventive e protettive, da non trascurare mai:

1) lavarsi accuratamente le mani dopo qualsiasi lavorazione con alimenti che possono contenere glutine;

2) tenere pulito il luogo di preparazione delle pietanze da eventuali residui di sostanze a rischio prima di cimentarsi a cucinare pasti gluten-free. Oppure, ancora meglio, tenere uno spazio ad uso esclusivo;

3) attrezzi come padelle, teglie, griglie, friggitrici, piastre, impastatrici e minuterie quali spatole, coltelli, cucchiai, mestoli e apriscatole o contenitori, vanno puliti da possibili occasioni e fonti di contaminazione;

4) dedicare l’acqua di cottura solo ai cibi senza glutine. Non dovranno essere preparati in pentole con acqua precedentemente utilizzata per pasta normale di grano, né per lessare verdure o allungare risotti, sughi e preparazioni pro-celiaco. Lo stesso vale per l’olio di frittura;

5) utilizzare il forno per la cottura dei cibi con e senza glutine in tempi diversi.

Per i piccoli. A scuola è necessario informare preside, maestre e genitori dei compagni della problematica, ricordando ciò che possono e non possono mangiare i nostri figli e, soprattutto in caso di gite o compleanni con gli amici, dare al bambino merendine o snacks sostitutivi, privi di glutine, o frutta fresca. E se si esce a pranzo, scegliere possibilmente ristoranti che dispongono di menù per celiaci, sempre più diffusi sul territorio. In caso contrario, richiedere al ristoratore la preparazione dei cibi rispettando le norme di sicurezza esposte in precedenza.

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