Mancata zona rossa, il premier Conte: «Scelta politica condivisa con Regione Lombardia»
Il ministro Lamorgese avrebbe ammesso al pm di aver inviato militari in Bergamasca per velocizzare le operazioni. Dal Pirellone, invece, pare non sia arrivata alcuna richiesta ufficiale di mettere delle limitazioni
Nessuna sottovalutazione e scelta condivisa con la Regione. Così il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, stando a quanto riportano diverse testate tra cui il Corriere della Sera, avrebbe giustificato la scelta di non istituire la zona rossa in Val Seriana. Il premier è stato sentito a Palazzo Chigi dalla procuratrice facente funzione Maria Cristina Rota nella mattinata di venerdì 12 giugno. «Ho chiarito tutto nei minimi dettagli», ha dichiarato al termine dell’audizione durata circa tre ore.
Giuseppe Conte, ascoltato come persona informata sui fatti, ha ribadito che si trattò di una scelta politica, arrivata dopo un confronto tra l’Esecutivo e gli esperti che avevano suggerito la necessità di applicare un provvedimento simile a quanto già attuato nel Lodigiano. Il Presidente del Consiglio ha ricostruito davanti ai magistrati quanto è avvenuto a Nembro e Alzano nei primi giorni di marzo, quando nella Bergamasca vennero inviati decine e decine di militari per sigillare i due Comuni.
Oltre al Presidente del Consiglio, i magistrati bergamaschi hanno sentito come teste anche i ministri Roberto Speranza (Salute) e Luciana Lamorgese (Interno). Quest’ultima, secondo quanto pubblicato da La Stampa, avrebbe spiegato che effettivamente fu inviata una grande quantità di forze dell’ordine, ma solo perché la creazione della zona rossa sembrava ormai imminente. Tuttavia, all’epoca il contagio era già ampiamente diffuso e limitarsi a una zona rossa solo in quelle due aree non avrebbe evitato efficacemente un’ulteriore diffusione del morbo.
La scelta poi sarebbe stata condivisa con Regione Lombardia che non avrebbe richiesto formalmente la creazione di una zona rossa nella Valle. Per questa ragione la scelta, più di carattere tecnico-sanitario che economico, ricadde sull’istituzione di una zona “arancione” in tutta la Lombardia. Nei prossimi giorni si saprà se i magistrati avranno deciso di continuare l’inchiesta, anche con eventuali iscrizioni nel registro degli indagati, oppure se trasferire gli atti alla procura di Roma per competenza territoriale.