Dall'Afghanistan al Corno d'Africa

La mappa dei soldati italiani impegnati in tutto il mondo

La mappa dei soldati italiani impegnati in tutto il mondo
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Ogni anno lo Stato Maggiore della Difesa italiana fornisce i dati sulle operazioni militari nel mondo, ovvero quelle in cui sono impegnati i nostri militari. Tra le Operazioni dell’Onu, della Nato, dell’Unione Europea, le Missioni multinazionali e bilaterali, nel mondo ci sono 4462 uomini e donne che vestono la divisa militare italiana e rappresentano il Tricolore in 35 teatri di guerra tra Mediterraneo, Africa, Medio Oriente e Asia. Sul territorio italiano, i militari impegnati nelle tre operazioni nazionali (Aquila, Strade Sicure e Triton) sono 4843. Numeri più bassi di quelli degli anni precedenti, quando i nostri militari nel mondo erano sempre più di 5mila.

Libia. È di questi giorni la notizia di un possibile intervento in Libia, ma il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha ribadito che potrebbe avvenire solo nell’ambito di un impegno dell’Onu nel Paese. Dalla Libia le notizie sono sempre più tragiche e il Paese è in un tunnel da cui sembra impossibile uscire. «Di un intervento militare italiano in Libia non se ne parla. Semmai un contributo potrebbe esserci per il mantenimento della pace, ma in un quadro Onu», ha dichiarato il titolare della Farnesina. Militari sì, quindi, ma solo con il casco blu.

Un piccolo giallo si sta dipanando, così, sulle sorti delle nostre forze di difesa. Mentre il governo italiano smentisce, la tv saudita Al Arabiya ha pubblicato un editoriale che riguarda l’Italia e la Francia e il ruolo che potrebbero avere in Libia. Lo rivela il Foglio, spiegando come, durante la sua visita a Roma della scorsa settimana, il presidente egiziano alSisi abbia parlato di sicurezza e del ruolo chiave che l’Egitto detiene nell’alleanza con i Paesi del golfo, finanziatori – grazie ai petroldollari – delle politiche di sicurezza in chiave anti islamista. Al Arabiya sostiene che «Grazie a uno sforzo combinato Egitto, Italia e Francia potrebbero spazzare via le milizie dell’Alba (un blocco misto che combatte in Libia), i loro sostenitori della Fratellanza musulmana e lo Stato islamico a Derna che non soltanto ha già dichiarato baya’a, il giuramento di fedeltà, al Califfato islamico ma ora tenta di formare il Wilayat (la nuova regione conquistata) di Derna».

Italia e Francia, inoltre, starebbero già aiutando gli egiziani a trovare i bersagli per i bombardamenti in Libia. Notizia totalmente smentita dalla Farnesina. Per ora in Libia di militari italiani ce ne sono solo 9, impegnati nell’operazione dell’Unione Europea Eubam Lybia, e svolgono attività di cooperazione nel campo della Difesa allo scopo di supportare la ricostruzione del Paese libico. Si tratta di iniziative di assistenza, supporto e formazione condotte su specifica richiesta delle autorità libiche.  Se altri militari italiani andranno a no in Libia lo sapremo nei prossimi giorni, probabilmente. Intanto è utile capire quali sono gli altri teatri di guerra che, invece, vedono impegnati i nostri militari in maniera massiccia.

Afghanistan. A fine anno scadranno i termini della missione ISAF della Nato in Afghanistan, ma, essendo stata prolungata di un altro anno da parte degli Stati Uniti, rimane da vedere se anche i nostri militari proseguiranno o torneranno a casa. È molto probabile che dal contingente attuale di 1513 uomini, impegnati a fornire assistenza umanitaria e a sostenere il Governo afgano «nello svolgimento delle attività di sviluppo e consolidamento delle Istituzioni locali affinché la Nazione Afgana diventi stabile e sicura e non sia più un rifugio sicuro per il terrorismo internazionale», si passi a una presenza di circa 500 militari per onorare gli impegni presi ma sarà il Parlamento a decidere.

Il contributo di forze italiane è stato fornito a sostegno della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1386 del 20 dicembre 2001, in seguito agli attacchi alle Torri Gemelle. L’Italia è inserita in una Forza multinazionale che, dal 2003, è sotto il comando della NATO. Il Contingente nazionale dispone di mezzi di manovra, di supporto, di aerei da trasporto e di alcuni elicotteri. La Nato non è un ospite gradito nel Paese e il rischio di una nuova escalation di violenze (solo nel 2014 sono stati 4.600 gli agenti internazionali uccisi) chiama direttamente in causa anche il contingente italiano impegnato nell’ambito della missione ISAF.

Libano. Dopo l’Afghanistan, la missione più grande è in Libano, la Unifil, che attualmente è sotto il comando italiano e ha l’obiettivo di stabilizzare l’area sud del Paese, dove il nostro contingente opera in stretto coordinamento con le forze armate nazionali. 1251 militari italiani sono impegnati ad assistere il Governo libanese nell’esercizio della propria sovranità sul Paese e a garantire la sicurezza dei confini, in particolare dei valichi di frontiera con lo Stato di Israele. Sostiene, inoltre, le Forze Armate libanesi nelle operazioni di sicurezza e stabilizzazione dell’area, allo scopo di prevenire un ritorno delle ostilità e di creare le condizioni all’interno delle quali possa essere ritrovata una pace duratura.

Balcani. L’altra area di crisi che impegna un contingente italiano di 554 militari è quella dei Balcani. Qui sono in corso diverse missioni, alcune delle quali risultato della frammentazione avvenuta a seguito della riorganizzazione e del ridimensionamento delle forze NATO, che a partire dal 2003 fu sostituita dall’UE in alcuni compiti (soprattutto di polizia, monitoraggio e consulenza). In Bosnia Herzegovina opera la European Union Force ALTHEA (che succede alle missioni NATO SFOR e IFOR).

In Kosovo sono presenti EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) e KFOR – Joint Enterprise della NATO. Nei Balcani occidentali e in Georgia è attiva la Missione di Monitoraggio dell’Unione Europea (EUMM) che contribuisce alla normalizzazione dell’area. L’Italia è nei Balcani a sostegno delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1244 del 12 giugno 1999, n. 1551 del 9 luglio 2005 e su richiesta del Presidenza della Repubblica Macedone. Come si legge sul sito del Ministero della Difesa i militari contribuiscono: alla sicurezza e alla stabilità dell’intera area geografica; alle attività connesse con la lotta al terrorismo a favore del Tribunale Penale Internazionale; alle attività di formazione e di mantenimento delle capacità operative delle Forze Armate della Bosnia; all’addestramento e sostegno alle forze di Polizia locali anche tramite attività di cooperazione investigativa e informativa; all’implementazione dell’accordo tecnico – militare che prevede di costituire in Kosovo un ambiente sicuro che consenta il ritorno dei rifugiati e dei profughi nonché favorire l’insediamento di attività civili; a supportare le Forza Armate Macedoni nell’attività di controllo del proprio territorio; a sostenere le Forze Armate albanesi nel processo di integrazione ed adeguamento alla NATO.

Corno d’Africa. L’obiettivo principale dei militari italiani nel Corno d’Africa (Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia) è quello di contrastare la pirateria marittima che si è sviluppata in Somalia, uno Stato in guerra permanente dal 1991, laddove le organizzazioni criminali hanno prosperato approfittando della totale assenza delle Istituzioni e del Governo. Sono del 2008 le missioni Ue e Nato Atalanta e Ocean Shield per contrastare la pirateria al largo delle coste somale. Gli italiani partecipano anche nel dare protezione al naviglio noleggiato dalle Nazioni Unite, a favore del programma World Food Program, che trasporta generi di prima necessità alle popolazioni africane colpite dalla carestia.

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