La Nord non ha smesso di cantare

“Maximo rispetto per l'imprendibile folletto, grazie Moralez”. L'enorme striscione sovrasta la Nord. Ma più che un rimpianto, è un infausto presagio. Senza il Frasquito l'Atalanta perde bollicine e fantasia. È come se il mini argentino si fosse portato via anche la bacchetta magica. Senza folletto quelli del Genoa sembrano orchi: l'Atalanta si spaventa e finisce per girare alla larga dall'area di rigore. Due soli tiri in porta si conteranno alla fine. Un po' pochi per sperare di vincere. Persino il mago Reja alla fine sembrerà scoraggiato: l'Atalanta ha perso i super poteri e nessuno sa dove diavolo siano finiti. La Curva se ne accorge e prova a caricare la ciurma alla sua maniera. Cantate, cantate, qualcosa resterà. Ma sul taccuino del primo tempo, sbiaditissimo come poche altre volte, resta solo un destro di Gomez, l'ultimo folletto rimasto.
Giornalisti e toilette. Se in campo l'Atalanta non riesce a entrare nell'area genoana, in tribuna i giornalisti faticano a evadere dal loro recinto. Il cronista non fa a tempo ad alzarsi dalla sedia che si vede stoppare dallo steward inflessibile: «Scusi, lei dove va?». Domanda poliziesca, da posto di blocco. «In che senso?». Si apprende così che il corridoio su cui si affacciano gli sky box è rigorosamente off limits: i giornalisti, si sa, sono personaggi fastidiosi, meglio tenerli alla larga. Impossibile anche accedere al comodo bagno che dista solo pochi metri dalle postazioni stampa. Riservato ai vip, chi vuol far pipì vada altrove. Non resta che tornare a sedersi e tener duro.




























Cori e qualche malumore. Il secondo tempo è una sofferenza, in tutti i sensi. Il Genoa è più pimpante e si vede, sullo stadio cala il grande freddo. Vengono i brividi, e non solo per la temperatura. La Nord se ne accorge e prova a scaldare l'ambiente con un paio di cori di quelli giusti. L'Atalanta assorbe l'energia emotiva, ma fatica a tramutarla in azioni da gol. Il centrocampo sembra inceppato, l'attacco non morde. Così dalle tribune inizia a levarsi qualche malumore di fronte all'ennesimo errore. I nerazzurri perdono anche le poche sicurezze rimaste e il Genoa ne approfitta, implacabile. Due gol in tre minuti mandano la Dea al tappeto, che botta. Reja prova a rialzarla, dentro Monachello ed Estigarribia, fuori Bellini e Kurtic. Quest'ultimo si becca una valanga di fischi: il ragazzo non è ancora entrato nel cuore del popolo atalantino.
Verso il disperato attacco. Ridisegnata, la squadra tenta il disperato assalto. Ci sono poche idee, vero, ma tanta generosità. La Curva non si tira indietro, mai rassegnarsi fino alla fine. Ma la calamita del tifo, che tante volte ha attirato magicamente la palla verso la porta, stavolta non funziona. Lo zero a due resta scolpito, non c'è niente da fare. L'arbitro Guida fischia la fine, la gente fischia gli atalantini. Solo la Nord trova la forza di cantare “Siamo sempre con voi”, evitando ogni tipo di contestazione. Resta semmai l'amarezza per aver perso di vista una squadra che solo un mese fa faceva sognare, e che invece ora fa solo disperare. Agli ultras non resta che ammainare mestamente lo striscione dedicato a Moralez, così come quello dedicato al 10 gennaio '93, “Noi non dimentichiamo”. Ventitrè anni fa, dopo Atalanta-Roma, il povero Celestino Colombi morì per infarto fuori dallo stadio. C'era tensione e la celere caricava, lui passava per caso e si spaventò a morte. Brutti ricordi, meglio guardare avanti. All'orizzonte si vede già spuntare l'Inter. Meglio dimenticare in fretta il Genoa e pensare alla nuova grande sfida. Chissà che qualcuno ritrovi in fretta la bacchetta magica. Dicono che Maxi non se la sia portata via, ma l'abbia solo nascosta da qualche parte nello spogliatoio.