Una notizia, tante perplessità

Curato in Turchia, nascosto in Libia I dubbi sulla fuga di al Baghdadi

Curato in Turchia, nascosto in Libia I dubbi sulla fuga di al Baghdadi
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È sempre più mistero sulla sorte di Abu Bakr al Baghdadi. Da ieri circolano voci che il sedicente Califfo dello Stato Islamico si troverebbe a Sirte, città natale di Muhammar Gheddafi. Non solo: prima di arrivare in Libia, il ricercatissimo leader dell'Isis sarebbe riuscito a passare dalla Turchia, dove sarebbe stato curato in seguito al suo ferimento, avvenuto durante un raid in Iraq. A dare questa versione dei fatti è l’agenzia iraniana Fars. La Russia non conferma la presenza del Califfo, ma il ministro degli Esteri russo afferma che c’è la certezza che l’Isis sia a Sirte. Qualora venisse confermata la presenza di al Baghdadi in Libia e il suo passaggio dalla Turchia,  avrebbero ancora più corpo le pesantissime accuse di complicità con il terrorismo lanciate dalla Russia nei confronti di Ankara.

 

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La conferma delle milizie. Quanto sostenuto dall’Iran trova conferma dalle milizie che combattono nei dintorni di Tripoli. In particolare, gli uomini di Alba della Libia, alleati con il governo islamico di Tripoli non riconosciuto dalla comunità internazionale. Sulla loro pagina Facebook, spiegando che il Califfo è entrato nel Paese insieme all’emiro di Boko Haram Abubakar Shekau alcuni giorni fa, i miliziani affermano che la presenza di Al Baghdadi sarebbe mirata a guidare un attacco alla città di Misurata e ai pozzi petroliferi, oltre che per pianificare attentati in Tunisia. L’altro governo, invece, quello riconosciuto dalla comunità internazionale, ha smorzato l'eco della notizia: ci sono sì voci dell’intelligence che provano i tentativi del Califfo di entrare nel Paese, che non si sa con certezza se questi siano andati a buon fine.

La ricostruzione della vicenda. La vicenda del Califfo in Libia viene ricostruita con dovizia di dettagli dalla Fars. Mentre Al Baghdadi stava andando verso la città irachena di Al Karable per un incontro con i vertici militari, un raid aereo avrebbe colpito il convoglio su cui viaggiava. L'uomo si trovava vicino al confine siriano, nella provincia irachena di Al Anbar, e 25 militanti sarebbero morti. Ferito, al Baghdadi sarebbe stato portato a Raqqa, capitale siriana dello Stato Islamico, dove i medici lo avrebbero salvato, senza che però le strutture mediche del posto ne permettessero una pronta guarigione. Per questo motivo la Fars afferma che il sedicente Califfo sarebbe stato trasferito in Turchia, anche grazie a un’operazione condotta in collaborazione tra i servizi di intelligence turchi e la Cia. Pare sia stata proprio l'intelligence americana, poi, a trasferire il Califfo in Libia. La scelta di riparare nello Stato nordafricano sarebbe stata dettata dal fatto che Sirte è la «roccaforte jihadista più sicura al mondo».

 

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Piano di emergenza per il Califfato. Che il Califfo sia o no in Libia, e che il Califfo sia o no vivo, non si sa con precisione. Ma quel che si sa è che in Libia, a Sirte in particolar modo, ci sono molti alti ufficiali dello Stato Islamico. Come riportava formiche.net a fine novembre, la Libia potrebbe essere per lo Stato islamico il piano di emergenza nel caso il progetto del Califfato tra Siria e Iraq tramontasse.

Notizia vera? Occorre, tuttavia, dare il giusto peso alla notizia diffusa da Fars, agenzia iraniana che cita fonti libiche anonime senza per altro trovare concreta conferma in altre voci indipendenti. Nel bailamme che avvolge la Siria, la guerra si combatte anche a colpi di notizie, foto, lanci di agenzia. Solo alcuni giorni fa la Turchia prendeva iniziativa sul suolo iracheno, inviando 1200 soldati in Kurdistan e indispettendo, non poco, il governo di Baghdad, mai interpellato prima dell’azione. Quest’ultimo, d’ispirazione sciita, flirta da vicino proprio con Teheran, schierata assieme alla Russia e contro la Turchia nello scacchiere di Damasco, e intenzionato a screditare il più possibile il rivale. Inevitabile, quindi, prendere con le pinze una notizia così esplosiva come quella su Al Baghdadi.

Accordo raggiunto, ma senza Onu. Intanto, sul fronte della guerra civile libica, nei giorni scorsi i rappresentanti dei due Parlamenti, quello di Tripoli e quello di Tobruk, hanno deciso di creare un comitato di cinque componenti di ciascuna Camera. L'obiettivo, nominare il primo ministro di un governo di unità nazionale entro 15 giorni, al fine di risolvere il conflitto libico. L’accordo sarebbe stato raggiunto a Tunisi e senza l’intervento dell’Onu né di alcuna mediazione internazionale. Come spiega il comunicato che è stato diffuso, l’obiettivo delle due parti è quello di «raggiungere la pace e l'armonia e la sicurezza per tutti in uno Stato di diritto». Se questa intesa reggerà o no sarà solo il tempo a dirlo, ma quel che è certo è che il piano dell’Onu portato avanti prima da Bernardino Leon, a cui poi è subentrato Martin Kobler, è definitivamente tramontato e i politici locali sembrano intenzionati a non volere ingerenze esterne negli affari di casa loro.

 

al baghdadi

 

Libia “prossima emergenza”? «Si tratta di un momento storico che il popolo libico sperava da tempo, che gli arabi speravano e che il mondo intero si aspettava», ha dichiarato Awad Abdelsadek, vice presidente del Congresso Generale Nazionale (il Parlamento di Tripoli), che insieme al parlamentare Ibrahim Amish, rappresentante del Congresso dei Deputati (il Parlamento di Tobruk) ha siglato l’intesa. Agli analisti esperti di Libia, però, la mossa sembra essere l’ennesima dimostrazione di immaturità da parte dei politici locali, che aggiunge un ulteriore elemento di caos al già delicato scenario libico. Se così fosse, il Paese è destinato davvero a diventare la «prossima emergenza», per utilizzare le parole usate dal premier Matteo Renzi durante il suo incontro a Parigi con il presidente francese François Hollande.

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