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«Mi ritengo colpevole di rapina, ma non di omicidio»: parla uno degli imputati per l'uccisione di Bonomelli

Il 34enne dice che aveva con sé il Rivotril perché lo usava contro gli attacchi d'ansia e che il furto è stato pensato sul momento

«Mi ritengo colpevole di rapina, ma non di omicidio»: parla uno degli imputati per l'uccisione di Bonomelli
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Durante l'interrogatorio, ha raccontato la sua versione dei fatti Matteo Gherardi, 34enne imputato (insieme al padre, alla fidanzata e a un altro giovane) per l'omicidio dell'imprenditore Angelo Bonomelli nell'ottobre 2022 a Entratico. La sua ricostruzione segue quella fin dall'inizio è stata la difesa dei tre imputati: l'intenzione non era quella di uccidere, ma al più di aggirare e derubare Bonomelli. 

Il debito da appianare

In particolare, rispondendo alle domande del difensore Gianluca Quadri, Gherardi ha ricostruito la giornata di quel 7 ottobre. Come riportato dal Corriere Bergamo, il 34enne di Gaverina ha raccontato di aver dato appuntamento a Bonomelli al bar Sintony per parlare del sito web di Villa Ortensie, a Sant'Omobono Terme, di proprietà dell'imprenditore. Nel mentre però il suo pensiero era fisso su un problema: «Un debito di 350 euro con gli strozzini, da pagare entro le 19, perché sono ludopatico. Ho ricevuto un sms da chi avrebbe dovuto darmi 400 euro, non li aveva versati».

Il Rivotril per l'ansia

I due vennero poi raggiunti dal padre, dalla fidanzata e sull'altro giovane, con il quale, secondo la sua ricostruzione, Gherardi non aveva ancora concordato nulla. Ma poi, «gli dico che ero nei casini per gli strozzini e quello che ho intenzione di fare, lui è d'accordo». L'amico ha così versato le gocce nel caffè, «gli ho detto che ne bastavano pochissime per stordirlo», sottolinea Gherardi. Il 34enne aveva con sé il Rivotrill, perché lo assumeva, «dieci gocce in caso di attacchi di panico», come da lui sostenuto. Non solo, le indagini hanno consentito di ricostruire che Gherardi lo aveva già usato con altre due persone, senza tragiche conseguenze.

Nel controesame, il pm ha però contestato la sua ricostruzione, perché le immagini della telecamera fanno intuire piuttosto che i due ragazzi avevano già concordato il da farsi. Gherardi nega. Ma anche il padre e la fidanzata, come scrivono nelle dichiarazioni spontanee lette dal loro avvocato Roberta Zucchinali, pensarono a un piano. Entrambi però giurano che non sapessero delle gocce.

Dosi e tempistiche

Il nodo centrale sta nella dose somministrata a Bonomelli e alle tempistiche: infatti la Corte d'Assise della presidente Patrizia Ingrascì (giudice a latere Francesca Mazza) vuole sentire i consulenti del pm, il medico legale Matteo Marchesi e il biochimico Alessandro Ravelli, perché spieghino le conclusioni dell’autopsia in cui scrivono di un «dosaggio superiore a quello terapeutico». Quanto certo è che Bonomelli, bevuto il Rivotrill si sia addormentato.

I quattro lo hanno portato quindi  nel parcheggio. Gherardi dice di essere tornato con il padre e la ragazza la sera stessa e di aver notato che Bonomelli stesse ancora dormendo. Questo punto non è però suffragato dalle telecamere. «Sicuro che siete tornati al parcheggio, la sera? Le telecamere non vi hanno ripresi», ha incalzato la pm. Per poi sottolineare: «Il giorno in cui i carabinieri vennero a casa, Bonomelli poteva essere ancora vivo. Perché non chiamò i soccorsi?». Gherardi: «Se fossi stato lucido come ora, avrei agito in un altro modo. Non sono un assassino. Mi ritengo colpevole di rapina, ma non di omicidio».

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