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Milano, sono arrivate le modelle con quella loro aria un po' aliena

Milano, sono arrivate le modelle con quella loro aria un po' aliena
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Sbucano dai portoni, scendono dai taxi, ma le trovi anche sulla metropolitana. Si muovono un po’ stralunate come creature piovute da chissà quale mondo. Come ogni settembre, in occasione della settimana delle sfilate, Milano si popola di quelle creature che fanno sgranare gli occhi a tutti: le modelle. Accade tutte le volte, ma quest’anno, complice l’aria di ripresa economica e le giornate splendide di questo scorcio di settembre, si notano molto di più. Hanno caratteristiche inconfondibili. Innanzitutto l’altezza, dagli 1,70 in su. In secondo luogo la flessuosità: si muovono come se stessero un po’ sollevate da terra o come se scivolassero su una strada di ghiaccio. In terzo luogo sono filiformi e si reggono su gambe che sembrano steli di un fiore. Fuori dalle passerelle le vedi vestite tutte uguali, con i pantaloni da tuta aderentissimi che disegnano gambe davvero ridotte all’osso. Chissà se si vestono così perché con quella loro magrezza hanno il problema di sentire freddo, anche quando in effetti freddo non fa.

 

 

Sono tipi umani strani, che non capisci se qualificare come star o come nuove schiave. Non hanno un “io“ preciso, perché le modelle devono essere il più possibile delle replicanti: condizione indispensabile per avere successo e per poter essere ridisegnate a piacere con i vestiti degli stilisti. Si muovono sempre a nugoli, spostandosi da un casting all’altro. Per questo ti vien da pensare che esistano solo come entità collettive e non come singole creature. Non riesci a immaginare per loro delle storie specifiche, degli amori, delle preferenze. Hanno fortuna (se fortuna la si può sinceramente chiamare) perché sanno essere un po’ tutte e un po’ nessuno.

Sono bionde quasi tutte e bellissime. Alcune di una bellezza che lascia a bocca aperta. Ma anche da cui istintivamente ci si tiene un po’ alla larga. Non tanto perché metta soggezione (non solo), ma soprattutto perché si ha la sensazione che sia una bellezza privata dalla dimensione del piacere. È una bellezza dove la natura è stata pesantemente ingabbiata dalla funzione. Cioè una bellezza stressata e quindi di conseguenza anche stressante.

 

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Poi ci sono altri dettagli che identificano queste stelle sbucate tra le strade di Milano. Non le vedi mai mangiare. La Milano degli happy hour in questi giorni è completamente full, ma loro in prossimità dei banconi non le trovi mai. Se ne tengono alla larga come se il nutrirsi fosse attività che non le riguarda.

Soprattutto hanno questa natura affascinante di creature di passaggio. Non solo perché i ritmi della moda le costringono a muoversi in continuazione sulle piazze globali. Sono di passaggio perché si avverte che quella loro condizione è una condizione destinata a durare un battito di ciglia rispetto ai tempi che si sperano lunghi delle loro vite. Basta cedere, mettere qualche etto, o qualche mezzo centimetro di circonferenza in più per trovarsi ai margini del circo. Il che non si sa se sia una sciagura o una fortuna. Così quando le incroci, con quell’inglese dal vocabolario smozzicato magro come loro, vien da sognarle liberate da quella gabbia in cui la bellezza sembra averle imprigionate.

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