Minacce di morte ai presidenti di Confindustria, due indagati a Bergamo
Ieri (giovedì 11 marzo) le perquisizioni della Digos su mandato della Dda di Brescia. Entrambi sono vicini all'estrema sinistra. Rifondazione Comunista: «Certi della loro estraneità. Esprimiamo solidarietà»
Era giugno quando furono recapitate buste con due proiettili e minacce di morte al presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti e a Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo. Lettere firmate con una sigla prima dell’anno scorso ignota nel mondo terroristico: Nuclei proletari lombardi. Il 23 settembre toccò a Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Brescia, ricevere un pacco bomba.
Atti minatori, per i quali la Digos di Bergamo, alle prime luci di giovedì (11 marzo), su disposizione della Dda di Brescia, ha bussato alla porta di due bergamaschi: una donna di 65 anni residente nel quartiere cittadino di Monterosso e un uomo di 64 anni di Pradalunga. A darne notizia è stato l’Eco di Bergamo.
Entrambi sarebbero indagati per associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e minacce aggravate e appartengono all’estrema sinistra; i due sono anche sono stati condannati al termine del processone a “Prima Linea”.
Gli investigatori hanno perquisito le abitazioni dei due indagati e sequestrato cellulari, pc, supporti elettronici e altro materiale tra cui i testi degli interventi fatti nei sit-in di protesta organizzati sul territorio. Sia l’uomo sia la donna risultano far parte del Comitato popolare verità e giustizia per le vittime da Covid-19, orientato a sinistra, alternativo rispetto a quello più noto alle cronache. La sessantacinquenne fa anche parte della segreteria provinciale del Partito della Rifondazione Comunista di Bergamo.
Il commento di Rifondazione Comunista
Nel merito delle perquisizioni è intervenuta anche Rifondazione Comunista, che in un post pubblicato sui social ha sottolineato: «Siamo certi della loro estraneità alle accuse mosse nei loro confronti ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà».
«Noi sappiamo cosa è successo all’inizio dello scorso anno nella provincia di Bergamo. Noi sappiamo di chi è la responsabilità sulla mancata zona rossa in bassa Val Seriana (…) – si legge nel messaggio -. Non sappiamo chi ha usato minacce e intimidazione nei confronti degli imprenditori e di Confindustria, ma li condanniamo per il regalo che hanno fatto ai padroni. Li condanniamo per avere posto dalla parte del torto chi ha ragione e viceversa. Li condanniamo perché la ragione si afferma con la lotta politica e non con la violenza e l’intimidazione. Chi lo ha fatto, chiunque sia, ha sbagliato».