Processo

Morte di Bara, il pm fa appello contro la sentenza del giudice

Il magistrato continua a sostenere l’ipotesi di omicidio preterintenzionale. Al processo aveva chiesto 11 e 10 anni per i due imputati

Morte di Bara, il pm fa appello contro la sentenza del giudice
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La pm Chiara Monzio Compagnoni si è appellata alla sentenza del 12 maggio scorso del processo per la morte di Mamadou Lamine Thiam, detto Bara. Il ventenne senegalese saltò il guardrail sulla provinciale di Ubiale Clanezzo, precipitando nel vuoto per diversi metri, la notte del 22 luglio 2017. Imputati erano C.B. di 59 anni, residente in paese, e R.M., trent’anni. Entrambi sono stati assolti mesi fa dall’accusa di omicidio preterintenzionale, con una condanna minore a otto mesi per quello più anziano per tentata violenza privata.

Il fatto è riportato oggi (giovedì 24 novembre) dal Corriere Bergamo: nelle motivazioni della sentenza, il giudice Giovanni Petosillo ha spiegato che «a volte l’applicazione rigorosa del diritto può anche portare ad esprimere un giudizio tecnicamente corretto, ma tale da poter tuttavia condurre ad irrogare pene sproporzionate rispetto all’effettivo disvalore sociale delle condotte». Il riferimento è alle richieste di condanna rispettivamente di 11 anni per il 59enne e di 10 anni per il trentenne, avanzate dal magistrato, il quale ha espresso «sgomento» per le considerazioni della Corte.

Monzio Compagnoni insiste sul nesso causale nel ribadire l’accusa di omicidio preterintenzionale: i due soggetti infatti non avrebbero avuto intenzione di uccidere il giovane, ma con la loro condotta ne avrebbero provocato la morte. Ciò in conseguenza del fatto, secondo l’accusa, che il ragazzo non avrebbe avuto altra scelta che scavalcare il guardrail, non accorgendosi che oltre c’era un dirupo, per sfuggire ai suoi inseguitori.

La loro intenzione sarebbe stata di picchiarlo, dopo che Thiam aveva dato un pugno e una testata nel corso della festa in paese a un cameriere 18enne, figlio di un amico di C.B., mentre lui ha invece ribadito sempre che la sua intenzione sarebbe stata quella di consegnarlo alla sicurezza, dopo che si era dato alla fuga, mentre l’altro di non c’entrare niente perché si era diretto al parcheggio dopo una lite con la fidanzata. La versione di B. e M. è messa in dubbio dal fatto che il primo avesse tirato un calcio alla portiera dell’auto su cui il senegalese era salito per allontanarsi dalla festa, oltre che dalle immagini delle telecamere e dai racconti dei testimoni, da cui si è ricostruito che il secondo si sarebbe accodato nell’inseguimento.

Alla fine, la versione accolta dal giudice è stata quella dei due imputati. Una decisione non condivisa dal pm, che ha inoltre insistito sul loro comportamento «censurabile», poiché non avrebbero chiamato il 118 o i soccorsi, pur potendosi rendere conto che Bara potesse trovarsi in pericolo. Il magistrato ha poi definito «particolarmente odioso» il comportamento di B., in quanto durante le ricerche, il giorno dopo, avrebbe fornito informazioni «false e reticenti» su dove potesse essere il giovane e aveva gettato una delle sue scarpe, persa in strada, giù dal dirupo.

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