Morte in carcere del giovane bergamasco Oumar Dia, nuova interrogazione parlamentare
L'ha presentata il deputato Dori, chiedendo risposte alle tante domande ancora esistenti. L'avvocato Bergamini: «A due anni dalla morte, ancora non abbiamo visto la cartella clinica»

di Camilla Amendola
Il deputato bergamasco di Alleanza verdi sinistra, Devis Dori, ha presentato una nuova interrogazione parlamentare riguardo il decesso - mai chiarito - di Oumar Dia. Il giovane, di soli 21 anni, era stato trovato impiccato nella propria cella del carcere di Opera a Milano.
Le domande di Dori
Dia, che viveva con la famiglia a Fiorano al Serio, è deceduto il 26 ottobre 2023 all'ospedale di Rozzano (Milano), dove era stato portato dal carcere. Era stato da poco trasferito nella casa circondariale meneghina da quella di via Gleno per problematiche legate a gesti di autolesionismo. Aveva anche manifestato dei comportamenti a rischio, tra cui un tentato suicidio attraverso abuso di farmaci. Sottoposto a test di valutazione del rischio suicidario, era stato inizialmente valutato di livello «basso», per poi essere innalzato a livello «medio». Per queste ragioni, a Opera, Oumar era stato preso in carico dagli operatori penitenziari e sottoposto al provvedimento Ila (Intensificazione del livello di attenzione).
Quello che si chiede Dori è come sia possibile che, nonostante l’Ila, Oumar abbia trovato nella propria cella degli strumenti che ha poi usato per tentare di impiccarsi. «Con ordinanza del 28 maggio 2025, il Gip del Tribunale di Milano ha rigettato la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, rilevando la sussistenza di elementi meritevoli di approfondimento investigativo, tra cui la verifica dell’effettiva attivazione e rispetto del protocollo di vigilanza per i soggetti a rischio - ha spiegato Dori -. E noi sappiamo benissimo che Oumar era un soggetto a rischio e che presentava del disagio».

Il giallo delle telecamere
Quello che Dori chiede nell'interrogazione è qual sia il protocollo Ila che è stato applicato al ragazzo e come sia stato applicato. Domanda inoltre, «dato che sembra un dato introvabile, se questi protocolli siano uguali per tutta Italia oppure se ogni carcere deve elaborare il proprio». Un altro giallo è rappresentata dall’assenza di telecamere. Non solo nella cella del ragazzo, ma anche nei corridoi adiacenti.
Ancora poche risposte
«A oggi - rivela l’avvocato Simone Bergamini, legale della famiglia Dia -, non siamo ancora in possesso dell’esame tossicologico del ragazzo. Inoltre, non ci è mai stata messa (né a noi, né, immagino, alla Procura) a disposizione la cartella clinica». Un altro punto rilevante è la ricostruzione dell’altezza della stanza in cui era recluso Oumar e, quindi, anche l’altezza della finestra alla quale sarebbe stato trovato appeso: «Non sappiamo nemmeno se nella cella ci fosse una sedia o un tavolo - continua Bergamini -. Non è stato fatto un incidente probatorio in contraddittorio. Noi, dopo quasi due anni dalla morte del ragazzo, non abbiamo avuto la possibilità di accedere alla cella».
L’avvocato sottolinea come i genitori dei Oumar siano due persone «molto corrette. Non hanno mai avuto atteggiamenti sopra le righe. Anche a febbraio, quando sono intervenuti in udienza per la discussione sull’opposizione davanti al Gip, sono stati molto composti e hanno dimostrato grande dignità. Sperano, ovviamente, nella giustizia e di comprendere la verità».