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Mutuo a tasso fisso o variabile? Una risposta chiara al dilemma

Mutuo a tasso fisso o variabile? Una risposta chiara al dilemma
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È notizia di questi giorni che, nonostante le politiche della Bce, l’Eurozona e l’Italia sono nuovamente in deflazione. Ciò significa che i prezzi dei beni e servizi sono diminuiti rispetto a gennaio e rispetto a febbraio dello scorso anno. Una situazione che tutti coloro che stanno affrontando le spese di un mutuo o hanno intenzione di sottoscriverne uno farebbero bene a considerare. Essendo infatti un debito che si contrae con una banca, come qualsiasi altra forma di finanziamento anche il mutuo incide sui rapporti tra debitori e creditori. Una situazione di inflazione come quella attuale, nello specifico, tende a favorire i creditori e sfavorire i debitori. In altre parole, la deflazione fa aumentare il costo reale di qualsiasi debito, mutuo incluso.

 

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Valore nominale e valore reale. Il motivo è un po’ tecnico, ma abbastanza comprensibile: sebbene i valori dei tassi siano, oggi, ai minimi storici, in realtà il loro valore reale, a causa delle deflazione, è decisamente più alto rispetto al passato. L’inflazione, infatti, abbatte il costo reale del debito e riduce il guadagno in un investimento attivo. Il tasso reale si calcola depurando il tasso medio applicato oggi dalle banche sui mutui dal tasso di inflazione: applicando questa regola scopriamo che oggi il tasso reale di un mutuo è di 5 o 6 volte maggiore rispetto al 2011. Usando i numeri diventa tutto più chiaro: il tasso di interesse medio dei mutui per l’acquisto di case a gennaio 2016, secondo l’Abi, è al 2,48%, mentre l’inflazione ha appena segnato uno -0,3% rispetto al dato precedente. Stando alla regola matematica poc'anzi esposta per calcolare il tasso reale del mutuo dovremo togliere al 2,48% (valore nominale del mutuo) il -0,3% di inflazione. Risultato: il valore reale del tasso è pari al 2,51%. Nel 2011, invece, il valore nominale dei tassi era più alto: tra il 3% e il 4%. L’inflazione, però, era allora compresa tra il 2,7% e il 3,3%. Risultato: il valore reale del tasso era pari allo 0,52% medio.

Cosa guardare quando si sottoscrive un mutuo. Dunque, stando a questi dati, gli italiani dovrebbero riflettere bene prima di sottoscrivere un mutuo perché non è così vantaggioso come sembra. Vero, ma bisogna anche sottolineare come il mutuo sia un prodotto di lungo periodo, con una durata media di 20, 25 anni. Quindi non è detto che il tasso reale più caro di oggi resti così caro anche in futuro. Ciò significa due cose: che chi sta già pagando un mutuo farebbe bene a chiederne la surroga o la sostituzione per migliorarne le condizioni od ottenere altro denaro, mentre che chi avesse intenzione di sottoscriverne uno nuovo faccia molta attenzione ai tassi di interesse interbancari a cui sono collegati sia il tasso fisso che il variabile, ovvero l’andamento degli indici Eurirs per il primo e degli indici Euribor per il secondo.

Per quanto riguarda gli indici Eurirs, Il Sole 24 Ore sottolinea come nei primi due mesi del 2016 ci sia stato uno «spettacolare ribasso» degli stessi: l’indice a 20 anni (utilizzato per i mutui a tasso fisso di durata ventennale) è sceso sotto l’1% contro l’1,6% circa di inizio anno e lo stesso è avvenuto per l’indice a 25 e 30 anni. Ciò significa che chi stipula oggi un mutuo a tasso fisso paga un tasso scontato almeno dello 0,6%. Ciò accade perché gli Eurirs sono correlati all’andamento del tasso del Bund tedesco, che oggi è a livelli molto bassi. Lo stesso vale, seppur con meccanismi finanziari differenti, anche per gli Euribor. E in effetti i valori Euribor di oggi sono i più bassi di sempre e quindi i tassi variabili dei mutui sono decisamente vantaggiosi.

 

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Tasso fisso o tasso variabile? La domanda è, a questo punto, inevitabile: meglio il tasso fisso o il tasso variabile? Il primo costa in genere di più, ma consente di avere una rata costante per tutta la durata del mutuo; il secondo conviene nell’immediato, ma varia ogni mese e ci lascia in balia degli andamenti del mercato finanziario, con il rischio di veder lievitare la rata. Un recente studio effettuato dal gruppo Tecnocasa dimostra che nel secondo semestre del 2015 si è verificata una vera corsa degli italiani alla sottoscrizione di mutui a tasso fisso, con uno storico sorpasso rispetto a chi sceglie invece il tasso variabile. Sei mutui su dieci sono stati accesi a tasso fisso (l’anno precedente erano meno del 40%), mentre quelli a tasso variabile sono scesi dal 42,7 al 26,6% (di cui il 3,8% con l’opzione di avere un tetto massimo che la rata non può superare) e quelli a rata costante dal 17,8 all’11%. Una scelta logica e francamente condivisibile.

Meglio il tasso fisso quindi. Però… però, per farsi un’idea generale, è giusto anche valutare le previsioni legate agli indici Euribor. Se infatti dovesse arrivare la tanto auspicata ripresa economica, gli Euribor tornerebbero a salire, portando quindi a un netto vantaggio nella sottoscrizione di mutui a tasso variabile. Le analisi più accreditate sul tema, però, prevedono una sostanziale staticità dei tassi per lo meno nel breve e medio periodo: almeno per i prossimi due anni, gli indici Euribor dovrebbero rimanere negativi. Solo nel 2019/2020 dovrebbero toccare nuovamente “quota zero” e non prima del 2021 arrivare all’1%. Insomma, il tasso fisso vince, per ora.

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