E c'entra anche Bergamo

Niente finanza, business o moda Per tre giorni, Milano è degli Alpini

Niente finanza, business o moda Per tre giorni, Milano è degli Alpini
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Sbarcano a Milano, un po’ come uomini di un altro mondo. Gli Alpini, per la loro giornata nazionale più importante, quella del centenario, hanno scelto la città più strana per loro, uomini che portano i segni di un’Italia di paese, di territorio, di provincia. Hanno scelto la città tutta piatta la cui unica “montagna” è tutta artificiale, costruita ammucchiando le rovine delle bombe della Guerra e oggi piccolo paradiso per i runner metropolitani. Arrivano in quello che è ormai diventato un crocevia di finanza, multinazionali e moda: tutte categorie antropologicamente lontane, se non opposte, alla loro.

 

 

Sono attesi in massa e la città è pronta non solo ad accoglierli (non c’è stanza libera a Milano, il meccanismo dell’ospitalità nelle case è funzionato alla grande a quanto pare). Per domenica il centro sarà tutto loro, con ingresso vietato alle auto per permettere ai tre cortei di convergere verso piazza Duomo. Ai lati delle strade sarà assiepata la gente, incuriosita dallo spettacolo di questa altra Italia. Eppure Milano ha avuto voce in capitolo nella storia degli Alpini, come ricorda anche la toponomastica che dedica una piazza vicino al Parco Sempione al Quinto reggimento: largo Quinto Alpini, appunto. Oggi ha base a Vipiteno, ma venne istituito a Milano nel 1882, formato da quattro battaglioni. Ebbe un esordio non proprio esemplare, visto che venne schierato da Bava Beccaris per la sanguinosa repressione dei moti del 1898. Però al Quinto Alpini spetta un indiscutibile merito: furono loro i primi a sperimentare la divisa che oggi caratterizza in modo inconfondibile i nostri Alpini. Allora erano equiparati ai colori dell’esercito piemontese, con giubba turchese e pantaloni bianchi. Decisamente poco mimetico... Nel 1906, dopo lungo dibattito, gli uomini del battaglione Morbegno (che era di stanza a Bergamo) vennero mandati sperimentalmente in missione con una divisa grigio verde. Fu un successo, perché quei colori aiutavano a confondersi con le rocce. Nel 1921 il Reggimento lasciò Milano per andare a Bergamo, insediandosi nell’edificio che ora è occupato dalla Gamec, la vecchia Casema Camozzi. Con il Battaglione, traslocò anche il monumento simbolo, quello con l’Alpino che rimasto senza munizioni combatté lanciando massi. Rimase per quattro anni davanti alla Accademia Carrara, poi venne riportato nel 1926 a Milano, dove è ancora oggi, un po’ nascosto, in piazza Giovanni XXIII. Il monumento è ispirato a una vicenda vera, quella dell’alpino Antonio Valsecchi originario di Civate, che si era difeso a mani nude durante la campagna di Libia.

 

 

Ma certo sulla grande giornata degli Alpini veglierà il più popolare degli Alpini milanesi, il grande Peppino Prisco, storico avvocato meneghino e volto sapiente e ironico della tifoseria interista. Si era arruolato negli Alpini a 18 anni partecipando alla campagna di Russia come tenente del Battaglione L’Aquila, si era guadagnato una medaglia d’argento al valore militare: fu uno dei soli tre ufficiali del suo Battaglione che rientrò sano e salvo. Per lui gli Alpini erano una valore superiore anche all’Inter, di cui era tifosissimo e di cui è stato anche vicepresidente. Non mancava mai a una sfilata. Chissà cosa avrebbe dato per essere presente a questa nella sua città...

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