Una situazione assurda

Ma non doveva salvarla il Mose? L'acqua è entrata perfino in S. Marco

Ma non doveva salvarla il Mose? L'acqua è entrata perfino in S. Marco
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Ma non doveva salvarla Mosè? Non il profeta biblico ma più prosaicamente il Modulo sperimentale elettromeccanico, che è stato ribattezzato con quell’acronimo così solenne, solo levandogli l’accento finale. Il Mose avrebbe dovuto essere la diga che salvava Venezia dalle maree, come quella di questi giorni che è arrivata a sommergere la città entrando persino all’interno della Basilica di San Marco e sommergendo di acqua salina i preziosi mosaici pavimentali di mille anni fa. Una marea eccezionale, che ha raggiunto il metro e sessanta di altezza, rendendo impraticabili il 75 per cento dei calli. A differenza dei disastri che il maltempo ha fatto in mezz’Italia, questa è stata una mezza catastrofe del tutto prevedibile. L’acqua alta è un fenomeno che assilla la più magica città del mondo ogni anno, in particolare in questa fase dell’anno. Proprio per questo, dopo i drammatici giorni del 1966 (l’anno della grande alluvione che aveva sommerso anche Firenze) si era pensato a qualcosa che potesse far da barriera al mare alle porte della laguna. E venne pensata questa gigantesca opera ingegneristica che non ha pari al mondo. Un meccanismo di barriere mobili che si alzano all’occorrenza e proteggono Venezia.

 

 

Sono passati più di cinquant'anni e la grande meraviglia è la che giace impotente in mezzo alle acque. Dopo anni di dibattito e di progettazioni che erano già costati un bel po’ di soldi pubblici, era stato il decisionista Berlusconi nel 2003 a mettere da parte le polemiche sollevate dagli ambientalisti e a dare il via ai lavori, sotto la guida politica del suo potente ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi. I lavori vennero affidati ad un consorzio privato che piaceva a tutti i partiti, sinistra compresa, il Consorzio Venezia Nuova (privato ma con soldi pubblici...). Sono passati quindici anni e i lavori faticosamente sono andati avanti sino ad arrivare ad uno stato del 94 per cento. Insomma, dopo essere costato ben sei miliardi di denari pubblici, il Mose sembrerebbe pronto a nascere. Tra le voci di spese ci sono anche quelle per il 316 collaudatori che sino ad ora si sono alternati con un costo di venti milioni per lo Stato (e pensare che 36 erano alle dipendenza per del Ministero...).

 

 

Il condizionale è d’obbligo, perché quel sei per cento mancante è come una montagna da scalare. In questi anni le inchieste giudiziarie si sino sprecate, coinvolgendo decine di persone, compreso un ex ministro e un ex presidente della Regione. E alla fine la grande macchina si è paralizzata proprio sulla linea del traguardo e con i soldi in cassa per arrivare a conclusione. La presenza dei Cinque Stelle al Governo da sempre ostili alle grandi opere ha contribuito a congelare ulteriormente la situazione. Intanto la manutenzione delle grandi paratie già montate in mezzo alle acque costa cento milioni l’anno. Il sindaco di Venezia Brugnaro impreca contro questa situazione assurda. Anche se nessuno ad ora è in grado di dare la risposta fatidica: ma il Mose alla fine davvero funzionerà? C’è quasi da sospettare che qualcuno abbia paura a compiere quest’ultimo miglio per timore di un fallimento. Intanto, aspettando la sentenza, Venezia continua ad andare sott’acqua...

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