frana sopra tavernola

Non solo rischio tsunami, Legambiente: «Nel cementificio stoccate polveri e ammoniaca»

L'associazione ambientalista ha lanciato una petizione per fermare definitivamente l'attività. Preoccupano gli effetti di una eventuale dispersione in aria e in acqua dei materiali tossici

Non solo rischio tsunami, Legambiente: «Nel cementificio stoccate polveri e ammoniaca»
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Oltre alle tragiche conseguenze riconducibili a un’eventuale onda anomala, sugli abitanti del Basso Sebino pende un’ulteriore spada di Damocle: gli effetti legati alle polveri che si libererebbero in aria se la frana colpisse non la superficie del lago d’Iseo, bensì i depositi del cementificio.

L’allarme è stato lanciato dal circolo locale di Legambiente che nei giorni scorsi aveva già promosso una petizione sulla piattaforma Change.org, indirizzata al Ministero dell’Ambiente e a Regione Lombardia, per chiedere la chiusura dello stabilimento e lo stop all’attività estrattiva cui è soggetto il monte Saresano. Una sottoscrizione che, nel frattempo, ha già raccolto oltre 1.200 firme su un obiettivo di 1.500.

«Esaminando l’Autorizzazione Integrata Ambientale della provincia di Bergamo – spiega il presidente Dario Balotta -, emerge chiaramente come nell’impianto siano ancora stoccati, in grande quantità, i materiali necessari per la produzione del cemento. Nei giorni dell’emergenza sono stati giustamente considerati gli effetti di un’onda anomala provocata dalla possibile caduta in acqua della frana. Non è stato però preso in esame il pericolo rappresentato dal crollo delle rocce sui magazzini, che provocherebbe una enorme e soffocante nuvola di polveri e che potrebbe coinvolgere anche il deposito di ammoniaca».

I pericoli legati alle polveri e a 114 tonnellate di ammoniaca

Per mettere in sicuro la popolazione da un possibile tsunami, all’indomani dell’accelerazione dei movimenti franosi erano stati evacuati diversi abitanti, tra cui quelli residenti a Porto Siviano, a Montisola.

«Le polveri che inquinerebbero l’aria – aggiunge Balotta - contengono rifiuti utilizzati come combustibili in sostituzione della materia prima naturale nel clinker: ad esempio Quarzo e Cromo esavalente, come segnalato dalla stessa ditta. In ogni caso, la polvere è comunque pericolosa di per sé per i polmoni».

A destare particolare preoccupazione sono però le 114 tonnellate di ammoniaca raccolti in serbatoi di acciaio. «Dovrebbe esserci una qualche forma di abbattimento per evitare le fughe ed è presente un bacino di contenimento – spiegano da Legambiente -, ma se la frana sfasciasse il serbatoio e rovinasse il sistema di abbattimento l’ammoniaca si disperderebbe nell’atmosfera».

Il possibile inquinamento delle acque

Oltre all’inquinamento atmosferico, vi è poi il rischio che i materiali impiegati per produrre il cemento finiscano nel lago d’Iseo, inquinandone le acque. Nel cementificio, secondo l’associazione ambientalista, sarebbero presenti serbatoi che potrebbero racchiudere fino a 100 tonnellate di additivi e contenitori fino a 85 tonnellate di solfato di ferro.

Per non parlare del pet coke, il combustibile generato dagli scarti delle acciaierie, presente fino a 4.500 tonnellate, la polvere di alluminio e le scaglie di laminazioni, con possibili volumi massimi di 900 metri cubi, e, infine, le ceneri leggere.

«La spada di Damocle della frana sul lago – conclude il presidente di Legambiente del Basso Sebino -, oltre che interessare la sicurezza degli abitanti pende anche sulle acque del lago, che sono già malate e piene di veleni a cui se ne aggiungerebbero altri con effetti devastanti sull’ecosistema. Un motivo in più affinchè le autorità non concedano più la riapertura del cementificio e mettano in sicurezza il territorio una volta per sempre».

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