L'anagrafe dei morti in mare

Si chiama “The Deaths at the Borders of Southern Europe” e altro non è che un anagrafe di morti. Persone che sono scappate dalla loro terra, dilaniata dalla violenza, dalla fame, dalla guerra per cercare di sopravvivere in un mondo migliore, ma non ce l’hanno fatta. Sono i migranti morti nel Mar Mediterraneo: a tracciare questo macabro bilancio ci ha pensato l’università Vrije di Amsterdam, che ha realizzato un database prendendo in esame le informazioni ufficiali fornite dalle autorità di Italia, Grecia, Spagna e Malta, le principali nazioni in cui approdano i profughi partiti dal Nord Africa. Il progetto si ferma al 2013 e prende in esame i flussi migratori a partire dal 1990, e ha come obiettivo il “tenere memoria” delle tragedie del mare e, numeri alla mano, dare un contributo agli studi per le politiche riguardanti il fenomeno dell'immigrazione. Vuole colmare alcune lacune, e fungere da risorsa nuova e complementare a quelle esistenti per consentire ulteriori analisi e ricerche.
I dati di 3200 morti. In meno di 25 anni, secondo lo studio, il Mediterraneo ha ucciso 3200 persone. Uomini, donne, bambini, giovani, anziani. Sulla mappa, consultabile in maniera interattiva su internet, sono indicati in colore blu chiaro i morti a cui è stato dato un nome e in blu più scuro quelli che non è stato possibile identificare. Il progetto fornisce informazioni sulla provenienza di queste persone, sulla composizione demografica di questi decessi, divisi per età e genere (age & gender), origine (origin), causa della morte (death cause).
La relazione tra controllo delle frontiere e tragedie del mare. Lo studio dell’università di Amsterdam ha come sottotitolo “Il costo umano del controllo delle frontiere” e vuole sviluppare un approccio alternativo al problema dei diritti umani di quanti sono costretti a lasciare la loro terra. Perché dai dati dello studio emerge chiaramente che c’è una stretta relazione tra il controllo delle frontiere e le tragedie del mare. Non è un caso, al proposito, che si comincia a studiare il fenomeno dal 1990, cioè quando sulle coste del sud Europa sono cominciati a comparire i primi barconi carichi di persone in fuga. Prima, non controllando, non si poteva sapere.
L’inchiesta Migrant files. I numeri restituiti dallo studio olandese sono impressionanti, ma ancora di più sono impressionanti i dati emersi da un’inchiesta condotta da un collettivo di dieci giornalisti europei. Si chiama “Migrant Files” e rappresenta un database interattivo, il più esaustivo finora, dei rifugiati uccisi nel loro tentativo di raggiungere l’Europa. Non si affrontano solo i morti del Mediterraneo, ma si cerca di andare al cuore del problema, partendo dai Paesi d’origine di queste persone in fuga, utilizzando gli strumenti del data journalism. Il bilancio è drammatico: dal 2000 al 2013 ci sono stati più di 23mila morti. Numeri impressionanti che sono stati ricavati da un’analisi dei tre principali database, Fortress Europe, United e Puls, che si occupano di migrazione. Emerge un quadro desolante, dove a farla da padroni sono gli scafisti, che si stima abbiano avuto un giro d’affari, in meno di 15 anni, di circa 16 miliardi di euro. Soldi derivati dai pagamenti di oltre un milione di migranti e richiedenti asilo.
La Giornata mondiale del rifugiato. Dati forti, che pesano come macigni. E che hanno un valore ancora più alto se si considera quanto emerge dall’annuale rapporto dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati. Un rapporto che ogni anno viene divulgano in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, istituita nel 2000 per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sul tema della protezione internazionale e delle migrazioni forzate in tutti i suoi aspetti. Quella attuale è considerata la peggiore crisi migratoria dal dopoguerra, che interessa quasi 60 milioni di persone. Un numero che si avvicina alla popolazione italiana. Significa che nel mondo, un essere umano su 122 è costretto ad abbandonare la propria casa e il proprio Paese. Rispetto al 2013 ci sono 9 milioni di rifugiati in più, un incremento mai registrato prima in un solo anno. Rispetto a dieci anni fa, invece, ci sono 37,5 milioni di persone in più che scappano. Significa che nel 2014, ogni giorno 42.500 persone in media sono diventate rifugiate, richiedenti asilo o sfollati interni, dato che corrisponde a un aumento di quattro volte in soli quattro anni. Se i 59,5 milioni di migranti forzati nel mondo componessero una nazione, sarebbe la ventiquattresima al mondo per numero di abitanti. Un popolo in movimento, insomma, che ha subito una forte accelerazione con lo scoppio della guerra civile siriana del 2011, che ancora oggi rappresenta la principale causa di migrazione forzata a livello mondiale. Nel solo 2014 ci sono stati 13,9 milioni di nuovi migranti, quattro volte il numero del 2010. La Turchia nel 2014 è diventata il principale paese di accoglienza di rifugiati al mondo, con 1,59 milioni di rifugiati siriani presenti alla fine dell'anno. Ma il dato più allarmante è che più della metà dei rifugiati a livello mondiale sono bambini.