I nuovi Onassis lasciano la Grecia (O almeno ne han tutta l'intenzione)

In un Paese, la Grecia, economicamente allo sbando e dal futuro che incerto è dir poco, è piuttosto naturale che i pochi ancora dotati di soldi stiano seriamente pensando di lasciarsi gli scogli mediterranei della culla della civiltà occidentale alle spalle, per far vela verso lidi più sicuri. Vela, già, non potrebbe esserci termine più appropriato, poiché nello specifico si sta parlando della casta imprenditoriale da sempre simbolo dell’economia e dell’eccellenza ellenica: quella degli armatori.
È ancora presto per ufficializzare il saluto di questi uomini immensamente ricchi, che a dire il vero, per il momento, della crisi se ne fanno un baffo, giacché persino in anni bui come questi sono riusciti ad incrementare i loro profitti di quasi il 10 percento: questo grazie ad una legge addirittura costituzionale risalente al 1967, che li esonera completamente dal pagamento di una qualsiasi tassa sui guadagni. Ma la situazione sta precipitando, e il fantasma della fuga degli armatori aleggia.
Prima Tsipras, ora l’Europa. Gli armatori, bisogna dirlo, non sono semplici fantamilionari che si godono i loro infiniti patrimoni facendosi beffe di tutto e tutti: in Grecia, infatti, la loro presenza è fondamentale soprattutto perché danno lavoro a 250mila persone, ovvero a quasi il 3 percento della popolazione, e contribuiscono al 7 percento del Pil nazionale complessivo.
Ciononostante, Tsipras già provò a dar loro un buon motivo per andarsene, proponendo una tassa patrimoniale ad hoc per gli armatori, nei giorni immediatamente successivi al suo trionfo elettorale di gennaio. Ma a lor signori bastò anche solo ventilare l’eventualità di una fuga dal Paese e Alexis tornò immediatamente sui propri passi.
Ora, invece, a minacciare la dolce vita fiscale degli eredi di Onassis ci pensa Bruxelles, che nelle misure previste per tentare di evitare la sempre più vicina bancarotta di Atene starebbe pensando, fra le varie cose, di attingere con decisione ai portafogli degli armatori, tramite una serie di prelievi fiscali specificamente pensati.
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Il possibile accordo con Cipro. Ai ricchissimi, naturalmente, la proposta non piace nemmeno un po’, e pare che siano già stati allacciati quantomeno dei contatti - chissà se qualcosa di più - con la vicina Cipro, ben volentieri disposta ad accogliere i vascelli traboccanti di tesori degli armatori greci. Navi che, per inciso, ammontano a circa 3.880 unità, rappresentando la prima flotta al mondo per tonnellaggio (con il 16 percento dei bastimenti totali) e la prima pure per ordini già programmati per i prossimi anni. A confermare l’indiscrezione ci ha pensato Thomas Kazakos, direttore generale della Cyprus Shipping Chamber, affermando che «è normale che alcuni armatori stiano valutando di avere una seconda base a Cipro, tenendo conto della situazione economica della Grecia», e che «noi abbiamo fornito tutte le informazionui, ora la scelta spetta a loro».
D’altra parte, il legame marittimo che unisce Cipro e armatori greci è più che profondo: basti pensare che il 40 percento delle navi che battono bandiera cipriota è di proprietà degli imprenditori ellenici, cosa che permette alla piccola isola di avere la terza flotta d’Europa e la decima al mondo, grazie alle sue circa mille navi, tutte ad elevato tonnellaggio.
Un altro aspetto di Cipro che ingolosisce parecchio gli armatori greci è la straordinaria rete infrastrutturale: il porto di Limassol, per fare un esempio, è considerato il principale scalo commerciale d’Europa.
Infine, a Cipro vige una particolare corporate tax, che vedrebbe gli armatori tassati per il solo 12,5 percento, la più bassa in Europa al pari dell’Irlanda. Non fosse che l’isola di Dublino dista un Continente dalla Grecia, mentre Cipro e a poche miglia marine. Per quanto ancora riusciranno a resistere questi leggendari imprenditori al richiamo di Nicosia e delle sue coste?